Eutanasia, non ne facciamo una sconfitta della libertà

Foto di Simona De Marchis

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di Vincenzo Maddaloni

BERLINO – Dopo quel che accaduto con la legge sulle unioni civili non c’è da stupirsi se resta al palo – con il consenso di quasi tutti i partiti – quella sull’eutanasia. Neppure la versione light, leggera, quella del testamento biologico avrà una sua conclusione. Mancano i numeri in Parlamento, e manca l’intelligenza. Lo scenario di Montecitorio è riassunto nella risposta di Renato Schifani, capo dei senatori Ncd: «Abbiamo già fatto tanto, abbiamo varato una legge sulle unioni storica, non bisogna insistere troppo. Serve misura nelle cose, dobbiamo occuparci di altro, a partire dall’economia».

Eppure, in commissione affari sociali della Camera giacciono 15 disegni di legge sulle «dichiarazioni informate di trattamento sanitario». Il Parlamento è bloccato su questo tema da tre legislature, anche perché il fronte cattolico è da sempre sul piede di guerra: «Il premier non può immaginare di accelerare su questo tema come ha fatto sulle unioni civili», spiega la deputata di Area Popolare Paola Binetti.

In Italia l’eutanasia attiva è equiparata all’omicidio volontario (ex art. 575 cod. pen.). In caso di consenso del malato, ci si riferisce all’art. 579 cod. pen., rubricato come omicidio del consenziente, punito con la reclusione da 6 a 15 anni. Anche il suicidio assistito è un reato, in virtù dell’art. 580 cod. pen., “Istigazione o aiuto al suicidio”

Il termine “eutanasia” deriva dalle parole greche eu, buona, ethanatos, morte, e sta ad indicare le modalità per giungere ad una morte non dolorosa, anche detta “dolce morte”, al fine di evitare, o quantomeno ridurre al minimo, le sofferenze dovute a particolari malattie terminali.

In Italia l’eutanasia attiva è equiparata all’omicidio volontario (ex art. 575 cod. pen.). In caso di consenso del malato, ci si riferisce all’art. 579 cod. pen., rubricato come omicidio del consenziente, punito con la reclusione da 6 a 15 anni. Anche il suicidio assistito è un reato, in virtù dell’art. 580 cod. pen., “Istigazione o aiuto al suicidio”. L’eutanasia passiva viene consentita in ambito ospedaliero, nel reparto di rianimazione, solo nei casi di morte cerebrale: devono, comunque, essere interpellati i parenti dell’interessato e si richiede la presenza e il permesso scritto del primario, del medico curante e di un medico legale. In caso di parere discordante fra medici e parenti, si va in giudizio e in questo caso è il giudice a decidere. C’è solo da augurarsi che nell’attesa il paziente muoia.

In Italia la grande parte dei politici non pensa né all’elettorato né a confrontarsi su una normativa che pur incidendo di molto sulla sofferenza delle persone, chiama in causa un principio della fede, quello della sacralità della vita

In Belgio – un esempio tra i tanti – non è così. In questo Paese è consentita la “morte su richiesta” per i pazienti in stato terminale o la cui qualità della vita diventa troppo pesante per lo sventurato e per chi gli sta intorno. Nel secondo caso sono necessari tre medici e uno psichiatra per prendere la decisione, oltre che a un periodo di attesa di quattro settimane. Nel primo, invece, basta il parere di un medico. Pure in Germania il suicidio assistito è legalizzato. L’approvazione è stata sofferta perché l’eutanasia è sempre stata una questione molto delicata, poiché faceva parte della politica di Hitler che ha ucciso più di 200 mila persone con problemi fisici o mentali. Evidentemente i parlamentari del Bundestag hanno tenuto in gran conto i risultati dei mille e uno sondaggi nei quali è sempre risultato che la grande maggioranza dei tedeschi (con punte fino al 90 per cento come ricorda l’Istituto Allensbach) e’ contraria al mantenimento in vita forzoso e prolungato dei malati terminali. Così la legalizzazione dell’eutanasia è stata approvata con il gran giubilo dell’elettorato.

Non è la stesso in Italia. La gran parte dei politici non pensa né all’elettorato, né a confrontarsi su una normativa che pur incidendo di molto sulla sofferenza delle persone, chiama in causa un principio della fede, quello della sacralità della vita. Non credo proprio che Matteo Renzi alla vigilia del referendum costituzionale di ottobre e dopo la battaglia sulle unioni civili, abbia voglia di cominciare una nuova guerra di religione. Meglio parlare d’altro, come « quando la gente non avea farina, lo re diceva: mangiate pollame. » (Francesco Dall’Ongaro. 1849.). Non importa se si tratta di parlare di libertà. Della libertà di poter decidere della propria liberazione.

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