A 70 ANNI DAL VOTO ALLE DONNE

13254366_10153890475903005_702874027962565528_n

Censi visione generaleIl 2 giugno 1946 milioni di donne italiane, per la prima volta, andarono tutte assieme alle urne (due mesi prima c’era stata una prova generale con alcune amministrative) per esprimere il loro voto. Chiamate a scegliere tra Monarchia e Repubblica nel referendum, contribuirono a quei 12.718.641 voti che decretarono l’esilio di casa Savoia.

Così si inizia il percorso che avrebbe portato, nel 1948, alle elezioni per il primo governo di maggioranza. Una vicenda bellissima, frutto di anni di dibattiti, di lunghe battaglie politiche, sociali, culturali.

Tina Anselmi, grande protagonista della Resistenza e della Prima Repubblica, così scrisse di quei giorni: “E le italiane, fin dalle prime elezioni, parteciparono in numero maggiore degli uomini, spazzando vi a le tante paure di chi temeva che fosse rischioso dare a noi il diritto di voto perché non eravamo sufficientemente emancipate. Non eravamo pronte. Il tempo delle donne è stato sempre un enigma per gli uomini. E tuttora vedo con dispiacere che per noi gli esami non sono ancora finiti. Come se essere maschio fosse un lasciapassare per la consapevolezza democratica!”

377007-995x995La scrittrice e saggista Maria Bellonci (ideatrice del premio Strega), così invece ricordava quel giorno: “Anche per me, come per tutti gli scrittori, e come per tutti quelli che sono avvezzi a mettere continuamente se stessi al paragone delle cose, gli avvenimenti più importanti di quest’anno 1946 sono fatti interiori; ma è un fatto interiore – e come – quello del 2 giugno quando di sera, in una cabina di legno povero e con in mano un lapis e due schede, mi trovai all’improvviso di fronte a me, cittadino. Confesso che mi mancò il cuore e mi venne l’impulso di fuggire. Non che non avessi un’idea sicura, anzi; ma mi parvero da rivedere tutte le ragioni che mi avevano portato a quest’idea, alla quale mi pareva quasi di non aver diritto perché non abbastanza ragionata, coscienziosa, pura. Mi parve di essere solo in quel momento immessa in una corrente limpida di verità; e il gesto che stavo per fare, e che avrebbe avuto una conseguenza diretta mi sgomentava. Fu un momento di smarrimento: lo risolsi accettandolo, riconoscendolo; e la mia idea ritornò mia, come rassicurandomi.”

In Italia più che in altri paesi il cammino che ha portato la donna al seggio elettorale è lungo e difficoltoso, a partire dal lontano 1877, quando Anna Maria Mozzoni, considerata la pioniera del nostro femminismo, presentò al Parlamento la prima petizione a favore del voto femminile.

Da allora ci sono voluti altri settant’anni prima che le donne italiane potessero cominciare ad esprimere la propria opinione politica attraverso il voto, con le elezioni amministrative e poi col referendum del 1946, appunto. Così, le donne si ritrovano non solo a poter votare ma anche a essere soggetti passivi di quel diritto che per allora rappresenta per loro un’enormità. Si ritrovano a poter essere elette. Sono 21, all’incirca il 4%. Nove comuniste, nove democristiane, due socialiste e una eletta tra i candidati dell’”Uomo Qualunque”. Cinque di loro vengono addirittura a far parte della “Commissione dei 75”, l’organismo incaricato dall’Assemblea di formulare la proposta di Costituzione da portare e dibattere in aula. Sono Angela Gotelli (Dc), Maria Federici (Pci), Nilde Iotti (Pci), Angelina Merlin (Psi) e Teresa Noce (Pci).

Ti è piaciuto il contenuto? Condividi con i tuoi amici.

Lascia un commento