La Francia è bella. Il Bataclan è colmo di persone. Io sono innamorata
Giusto il tempo di un rossetto veloce e un cambio di calze. D’altronde oggi è venerdì e si chiude una settimana intensa di corsi. Mi piace la Sorbona, è piena di gente che ha voglia di vivere e di imparare. I sociologi li chiamerebbero, ci chiamerebbero, “i ragazzi che cambiano il mondo”. Io ci credo, e un po’ lo spero.
Stasera io e Manuel andiamo al Bataclan. Avrei preferito andarci domenica 15, ci sono i Deftones ma mi farò andare bene lo stesso gli Eagles of Death Metal; troppo hardcore per me e per una studentessa della Sorbona. Fa nulla, me li farò piacere. “Antonia io vado – dico alla ragazza che condivide la camera con me – tornerò tardi quindi non preoccuparti. Ci sentiamo casomai dopo?”. Boh, non mi risponde, sarà al telefono con Yasif, il suo ragazzo algerino che vive dall’altra parte di Parigi e ogni giorno si fa quasi 5 km a piedi per vederla. Solo per vederla.
Scendo su Rue du Sommerard. In un’altra occasione sarei andata al Bataclan a piedi; dista più o meno 3 chilometri da qui; è piacevole camminare costeggiando per un tratto la Senna. Ma stasera no, sono in ritardo di almeno 15 minuti e Manuel mi aspetta alla fermata di Saint-Michel, prendiamo la RER C e in mezz’ora arriviamo. Non vorrei fare ancora più tardi.
Scendo le scale, mi squilla il telefono, è mia madre. “Ciao mamma, vado al concerto. Come al concerto di chi? Sarà una settimana che te lo dico. Andiamo al Bataclan c’è un gruppo rock. Si, si, sono tranquilli, non quella roba dura. Certo, mi faranno male un po’ le orecchie dopo, sopporterò.Tranquilla è solo un concerto. Ci sentiamo domani, saluta papà”.
Vedo Manuel in lontananza, mi viene incontro, mi abbraccia, mi bacia, mi prende la mano. Ci dirigiamo alla fermata, saliamo e in carrozza ci sono altri ragazzi diretti al concerto. C’è Cristàn in fondo, faccio finta di niente, non voglio mi chieda dell’esame. Non oggi.
In qualche minuto arriviamo al teatro: via Voltaire 50. C’è fila, ma non troppa. Stiamo per entrare; nella calca vedo un paio di ragazzi che si baciano. Amo la Francia. Dentro il Bataclan è colmo di persone. Il concerto va avanti, sono passate le 22, mi sento un po’ stanca. Davanti pogano, io sto più indietro, col fisico che mi ritrovo non reggerei che qualche secondo. Dico la verità: non vedo l’ora che finisca per uscire e andarmi a riposare un po’.Passano un paio di minuti, sento un botto e una serie di colpi secchi, mai avvertiti prima, non lo ricordo. Il teatro si illumina di getto e mi sento strana perché mi arriva un’ondata di calore fortissima. Ho pensato ad un effetto speciale costruito per l’occasione. Poi mi ritrovo a terra, c’è fumo, altri ragazzi sdraiati e le mie mani rosse. Sono stanca, voglio solo riposare. Dite a mia madre che era solo un concerto.
Il 13 novembre dentro il Bataclan sono morti 89 ragazzi. C’era anche Valeria, dottoranda alla Sorbona. Voleva solo assistere ad un concerto rock così come tutte le persone le cui vite sono state spezzate durante la loro quotidianità: volevano solo andare allo stadio, al lavoro, in metropolitana. Per te Valeria e per tutte le Valeria del mondo. [ a sinistra: Valeria Solesin, la 28enne deceduta nell’attentato al Bataclan. (ansa)]
Fonte: Medium
15 novembre 2015