Il progetto prevede una costruzione a due piani con ristorante, biblioteca e parco. Palazzo Marino valuta il piano per l’edificio previsto su un’area di 4mila metri quadrati.Su YouTube la campagna pubblicitaria in cui s’invoca la moschea come «un diritto» (clicca qui per vedere il filmato)
Annunciata da anni e sempre più urgente in vista di Expo 2015 e dei milioni di visitatori dai Paesi arabi. Nel progetto presentato due mesi fa al Comune di Milano dal Coordinamento delle associazioni islamiche milanesi, la nuova moschea è rappresentata come un luogo di culto tradizionale, con tutti i crismi. Cupola e minareto compresi.
Anche se, su questo aspetto, gli stessi musulmani sanno che ci sarà da trattare. E a lungo. Lo stabile, (progettato da uno studio di architettura milanese), sarà diviso in due parti. La prima dedicata strettamente alla preghiera, con tappeti per la preghiera rivolta alla Mecca, vaschette per le abluzioni, scarpiere e grandi lampadari tipici a gocce di cristallo; una seconda, invece, aperta al pubblico anche fuori dagli orari di preghiera, con biblioteca, teatro, sala conferenze, zona bar ristorante, e un vasto cortile porticato, fresco e concepito per favorire la meditazione.
«Per dirsi tale, una moschea deve avere gli aspetti architettonici tipici, cioè la cupola e il minareto. Difficile immaginarla senza. Ma sappiamo che su questo aspetto potrebbero esserci problemi. Stiamo trattando con l’amministrazione sui dettagli e sulle linee generali: siamo ancora in una fase preliminare della progettazione», ammette Davide Piccardo, coordinatore del Caim (Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano e Brianza), cui fa riferimento gran parte del mondo musulmano di Milano e Brianza.
Il tutto mentre lo stesso Caim ha lanciato su YouTube una campagna pubblicitaria in cui giovani musulmani di Milano invocano la moschea come «un diritto».
Dopo i primi contatti con l’amministrazione Pisapia sulla necessità di una moschea tutto s’è impantanato in tre anni di discussione, senza soluzioni. Se non si sblocca resta anche l’ipotesi che le comunità si rivolgano alla giustizia amministrativa.
A Sesto Calende e a Brescia è già accaduto: il Tar ha imposto ai Comuni «inadempienti» di indicare nel Pgt le aree da dedicare a luoghi di culto. Il progetto della nuova moschea prevede, intorno alla sala per la preghiera, un grande polo di attrazione aperto alla città.
È stato il Comune stesso a «suggerire» un modello di questo genere. Quello stesso progetto galleggia però da tre anni senza un concreto passo avanti (in positivo o in negativo) da parte del Comune.
14 marzo 2014