I Comuni, è giusto ricordarlo, sono stati nella storia del nostro Paese sempre luogo fondamentale di identità e apripista dei processi di innovazione istituzionale
Si è appena concluso il primo turno della tornata elettorale per il rinnovo dei Sindaci e dei Consigli Comunali di più di 4 mila Comuni. Non si è votato per le Province, che d’ora in poi saranno Enti di secondo grado, in forma di Assemblea dei Sindaci. Non si tratta, questa volta, di un turno elettorale come quelli trascorsi. E’ bene sottolinearlo a noi stessi e agli elettori. C’è qualcosa di più e di diverso.
Verranno eletti gli amministratori che insieme a quelli in corso di mandato saranno i protagonisti nei prossimi mesi dell’attuazione di una riforma che, se sapientemente attuata, deve porre la basi per una trasformazione non solo dell’assetto istituzionale locale, ma soprattutto del rapporto fra pubblica amministrazione e cittadini e corpi sociali. Una sfida che tocca direttamente il funzionamento del nostro sistema democratico, con l’obiettivo di modernizzarlo e renderlo più efficiente e in sintonia con le aspettative della società. E’ una sfida culturale che investe la capacità dei Sindaci e degli amministratori di cambiare pelle, reinterpretare il proprio ruolo in modo innovativo, riuscendo a fare sintesi fra gli interessi della comunità che li ha eletti e i nuovi assetti di Province e Città metropolitane.
I Comuni, è giusto ricordarlo, sono stati nella storia del nostro Paese sempre luogo fondamentale di identità e apripista dei processi di innovazione istituzionale. Basti citare l’elezione diretta dei Sindaci e i suoi effetti nel sistema politico nazionale e nella relazione fra elettore ed eletto. Anche in questa fase, così complessa e particolare, i Comuni vogliono essere i protagonisti del rinnovamento.
Città metropolitane e Province di secondo grado amministrate e governate in modo sinergico dai Sindaci e dagli amministratori potranno essere i luoghi strategici per una o più efficace programmazione e gestione delle policies in ogni territorio. Veicoli e strutture di semplificazione burocratica ed amministrativa avendo come certezza che semplificare si deve e si può, che vanno date subito risposte energiche alla principale emergenza del paese, ossia lo sviluppo e il lavoro.
L’attuazione della legge Delrio definisce il perimetro entro cui bisogna, e i Comuni con l’Anci lo faranno e lo chiederanno, far compiere passi concreti e misurabili alle pubbliche amministrazioni per rimuovere nodi cronici ed inaccettabili che da troppo tempo rallentano i processi di sviluppo economico, la capacità di attrarre investimenti, le opportunità di nuovo lavoro.
Un esempio per tutti: canalizziamo sforzi e risorse per far sì che l’ente di secondo grado, sulla base di un ruolo di supporto del comune capoluogo, diventi l’”infrastruttura intelligente” su cui incardinare la funzione di coordinamento di tutte le procedure burocratiche, finalizzate ad assicurare tempi e risultati certi e rapidi alle istanze di insediamento produttivo e di investimenti economici, attraverso una guida forte e strategica degli organi di governo.
Sviluppo economico e lavoro richiedono condizioni di contesto, dalla promozione dell’efficienza nella gestione dei servizi pubblici locali, alla definizione di politiche fiscali omogenee, dalla facilitazione dell’accesso alle prestazioni di ogni tipo alla massima sinergia fra tutti i soggetti istituzionali e locali presenti nel territorio, per il miglior ed effettivo utilizzo di tutte le risorse: tutti obiettivi che devono diventare “l’ossessione” di chi avrà l’onore e l’onere di guidare le nuove amministrazioni locali.
E’ necessario però che questa ossessione diventi contagiosa, perché alcuni ostacoli vanno superati con la massima condivisione. Li elenco rapidamente: il riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni va urgentemente rivisto soprattutto nelle materie che investono lo sviluppo economico; la trasformazione del Senato, obiettivo ineludibile per contemperare gli interessi dei livelli di governo e migliorare una produzione normativa che sembra spesso lontana o distratta dai problemi reali di chi amministra; il superamento del Patto di Stabilità interno, da tutti definito ottuso, e una reale autonomia fiscale e finanziaria ai Comuni. C’è infine un punto che oggi appare il più rilevante: i Comuni e chi li governa potranno essere i veri protagonisti di una stagione di grande innovazione istituzionale se governo e Parlamento avranno fiducia in loro. E’ stata posta una sfida alta e ambiziosa, il sistema dei Comuni è il perno della democrazia locale, ora è necessario che i sindaci in primo luogo siano dotati di poteri autonomi, che le amministrazioni siano liberate da vincoli burocratici e limiti normativi soffocanti. Non ci si può chiedere di correre portando sulle spalle un macigno di regole e vincoli anacronistici e subendo continue riduzioni delle risorse indispensabili per garantire i servizi essenziali ai cittadini.
28 maggio 2014