L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è vantaggiosa per una migliore selezione dei candidati, ma rischiosa perché questi possono essere condizionati dai privati. Però era necessario dare un segnale sui costi della politica
Non è necessario essere un genio della comunicazione politica per capire che, in una condizione economica difficile come quella attuale nessun governo possa chiedere ulteriori sacrifici ai cittadini, senza aver prima agito sul lato dei costi della politica.
Sotto questo profilo, è apprezzabile il fatto che il governo Letta abbia ieri impresso un’accelerazione importante alla riforma del finanziamento pubblico ai partiti politici, ipocritamente sopravvissuto al referendum abrogativo di vent’anni fa, emanando un decreto legge sul tema. A leggere i tweet trionfalistici di Letta, Alfano e Quagliariello il primo istinto è stato quello di immaginare un’eliminazione immediata del finanziamento pubblico. Come giudicare un messaggio di questo tenore?
COSA DICE IL DECRETO
Il successivo comunicato stampa del Governo specifica invece che l’abolizione totale del finanziamento pubblico avverrà soltanto nel 2017, cioè tra quattro anni: prima di quella data, il finanziamento pubblico verrà affiancato –per poi essere completamente rimpiazzato- da un sistema basato sull’eventuale destinazione ai partiti del 2 per mille dell’imposta sull’Irpef, e soprattutto su contributi privati volontari soggetti a un tetto massimo per donatore e a detrazioni fiscali decrescenti con l’importo (e nulle a partire dai 70,000 euro).
Non stiamo facendo una gita in montagna, dove è buona cosa ascendere gradualmente e in maniera regolare alla vetta: una transizione così lenta al regime finale di finanziamento non mi sembra per niente ottimale, in quanto lascia maggiore spazio a furbi ripensamenti a livello parlamentare, che hanno maggior tempo per accadere. Ritengo molto migliore una transizione cortissima, che però non porti a un’abolizione totale del finanziamento pubblico, ma certamente a un suo drastico ridimensionamento, fino ad un massimo pari al 20 per cento dell’importo attuale.
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