Ci sono ancora manifestazioni, proteste contro il governo e scontri a Kiev: c’entra una storia di antiche contese, nuovi interessi economici e politici in carcere
La rabbia degli ucraini europeisti continua a crescere dopo che il 21 novembre il loro presidente, Viktor Janukovyč, ha improvvisamente interrotto i negoziati dell’accordo di associazione con l’Ue, una settimana prima della sua firma.
Il governo di Kiev non fa mistero del ruolo svolto dalla Russia in questo voltafaccia: domenica il primo ministro ha annunciato che nei prossimi Janukovyč andrà a Mosca per discutere di un “programma di cooperazione”. Le manifestazioni di massa a Kiev e nell’Ucraina occidentale, così come l’assenza di manifestazioni di sostegno al presidente nella parte orientale del paese di lingua russa, mostrano che per molti ucraini la cooperazione dovrebbe essere fatta con l’Ue e non con il grande vicino orientale.
Si tenga a mente che la Russia – contraria all’accordo – spinge invece per includere il governo in una propria unione doganale (cui finora si sono detti favorevoli Bielorussia e Kazakistan), i cui vantaggi economici sarebbero comunque molto inferiori a quelli di cui potrebbe beneficiare l’Ucraina collaborando con l’Europa. C’è poi la questione legata alla scarcerazione di Yulia Tymoshenko: l’UE aveva infatti vincolato la sua disponibilità a concludere l’accordo con l’Ucraina alla sua liberazione, ma il 21 novembre il parlamento aveva bocciato una legge, con la decisiva astensione del Partito delle Regioni di Yanukovych, che avrebbe dovuto permettere la sua liberazione per andare all’estero a farsi curare un problema serio alla colonna vertebrale.
Le cose fondamentali sull’Ucraina
L’Ucraina è un stato dell’Europa dell’est che confina a nord e a est con la Russia, ancora a nord con la Bielorussia, a sud con la Romania e la Moldavia, a ovest con l’Ungheria, la Slovacchia e la Polonia. Per un ampio tratto si affaccia sul Mar Nero. La popolazione è formata in gran parte da ucraini che vivono soprattutto nella parte occidentale del paese, mentre in alcune grandi città dell’est e del sud sono predominanti i russi: in Crimea, per esempio, i russi sono i due terzi della popolazione. L’unica lingua ufficiale è l’ucraino (dal 1989) ma in diverse zone del paese si è di fatto affermato il bilinguismo ucraino-russo.
L’Ucraina proclamò la propria indipendenza dall’Unione Sovietica nell’agosto 1991, quando nelle prime elezioni democratiche del paese fu eletto presidente Leonid Kravčuk. La transizione verso la democrazia e l’economia di mercato fu molto complicata a causa delle dimensioni del nuovo stato, della varietà dei gruppi etnici e linguistici che vi abitavano e del peso storico e culturale dei legami con la Russia. Nel 1994 Leonid Kravčuk fu sconfitto da Leonid Kučma, filo-russo, rieletto anche nel 1999, la cui amministrazione fu giudicata da molti autoritaria e oligarchica.
Contro Kučma, a partire dal 2001, fu organizzata una grande mobilitazione e alcuni importanti esponenti del suo governo passarono all’opposizione: tra loro Yulia Tymoshenko e Victor Yushenko, che dal 1999 era stato primo ministro e che venne sostituito nel novembre del 2002, dopo un periodo di instabilità politica, da Viktor Yanukovych. In quegli anni iniziò a farsi sentire sempre di più la divisione tra le regioni orientali, vicine alla Russia, e quelle occidentali favorevoli a una serie di riforme economiche e a un avvicinamento al resto dell’Europa.
La Rivoluzione Arancione
Viktor Yanukovych, filo-russo, erede politico del presidente Kučma, si candidò alle elezioni presidenziali del novembre del 2004. Il suo principale avversario fu Victor Yushenko, filo-occidentale, che fu sconfitto per soli 3 punti percentuali. Yushenko reagì denunciando brogli e irregolarità e invitò i propri elettori a manifestare contro il risultato. Ebbe così inizio la cosiddetta “rivoluzione arancione”: per giorni centinaia di migliaia di persone vestite d’arancione protestarono pacificamente a Kiev e nelle principali città del paese per chiedere nuove elezioni. Quando l’OCSE certificò le irregolarità delle elezioni la Corte Suprema dell’Ucraina accettò di esaminare l’appello fatto da Yushenko contro i risultati e stabilì che c’erano state delle violazioni: il Parlamento sfiduciò il governo e furono indette nuove elezioni.
Nel dicembre del 2004 vinse Yushenko, che nel febbraio del 2005 formò un governo di orientamento filo europeo guidato da Julia Tymoščenko. Il nuovo governo però entrò presto in crisi e iniziò un nuovo periodo di instabilità politica, con l’avvicendarsi di diversi primi ministri e la rottura definitiva tra Yushenko e Tymoshenko, che tornò ad essere primo ministro dal 2007 al 2010. Dopo essere stata sconfitta alle presidenziali da Yanukovych, Tymoshenko lasciò la guida del governo all’ex ministro delle Finanze Azarov. Nelle elezioni parlamentari dell’ottobre del 2012 vinse il Partito delle Regioni del presidente Yanukovych, mentre il partito dell’ex primo ministro Julia Tymoshenko risultò secondo.
Tymoshenko nel frattempo era in carcere: nel 2011 era stata arrestata, processata e condannata per aver firmato un accordo con la Russia che fissava il prezzo dovuto dall’Ucraina per gli approvvigionamenti di gas naturale. L’accordo fu giudicato da molti svantaggioso per gli interessi ucraini e stipulato senza l’accordo del resto del governo. Alla fine di un processo molto contestato e controverso, Tymoshenko fu condannata a sette anni di prigione per abuso di potere. La pena è definitiva ma Tymoshenko soffre di vari problemi di salute, e anche questo ha a che fare con le proteste di questi giorni.
L’accordo di libero scambio con l’UE
Si arriva così al 2013 e alle grandi proteste di piazza di questi ultimi giorni, a cui hanno aderito le persone e i partiti favorevoli a un avvicinamento all’Europa, che accusano il presidente Yanokovich di essere subalterno a Mosca.
La questione storica – stare con la Russia o con l’Europa – riguarda ora un fatto in particolare: un importante accordo di libero scambio con i paesi dell’Unione Europea. Il 21 novembre scorso, dopo mesi di discussione, il governo ucraino aveva deciso di sospendere il processo di preparazione per la firma dell’accordo, che sarebbe dovuta arrivare il 28-29 novembre durante la riunione in programma tra Ucraina e paesi dell’UE a Vilnius, in Lituania. A peggiorare la situazione, secondo ilNew York Times, c’è il fatto che nelle ultime settimane la Russia ha adottato atteggiamenti sempre più aggressivi per convincere l’Ucraina a rinunciare alla firma, spingendo invece per includere il governo in una propria unione doganale (cui finora si sono detti favorevoli Bielorussia e Kazakistan), i cui vantaggi economici sarebbero comunque molto inferiori a quelli di cui potrebbe beneficiare l’Ucraina collaborando con l’Europa. Il governo di Kiev non ha ancora preso una decisione definitiva.
L’Ucraina si è fermata a metà strada: lo stato pseudo-democratico è caratterizzato da una corruzione sistemica, e l’economia non riformata è inesorabilmente crollata. I manifestanti del 2013 vogliono delle riforme, uno stato pulito e democratico. Uno stato europeo.
Che cosa può fare l’Ue? Né salvare l’economia ucraina né rovesciare il potere. Ma deve mantenere la sua offerta di accordo di associazione. Inoltre attraverso i dirigenti di Bruxelles e dei grandi stati membri – a lungo ciechi di fronte all’importanza della battaglia di Kiev – deve far sapere in modo forte e chiaro che l’Ue sostiene le pacifiche aspirazioni europee del popolo ucraino.
4 dicembre 2013