Il testo che segue racconta l’esperienza vincente di lotta delle infermiere e degli infermieri che in varie città della Svezia si sono organizzati contro la riforma dei contratti del 2013. Peggiorando le condizioni di lavoro e salariali e mettendo così a repentaglio la salute dei pazienti, questa riforma è il segno che la precarizzazione si fa strada anche in uno dei paesi che, nell’immaginario politico collettivo, continua a essere rappresentato come uno dei più avanzati sistemi di welfare al mondo. Gli autori del testo fanno parte del collettivo che ha raccolto l’appello delle infermiere, Allt åt Alla (letteralmente «tutto per tutti»). Allt åt Alla fa parte del Coordinamento Internazionale di Blockupy e questo testo rappresenta un primo contributo al dibattito sullo sciopero sociale e transnazionale a partire dal workshop tenutosi a Francoforte durante il Blockupy festival.
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Il 23 gennaio 2013 più di 30 infermiere (donne, ma anche uomini) dell’unità «terapia intensiva per bambini» di Lund (BIVA) si sono licenziate collettivamente per protestare contro le restrizioni introdotte nei loro contratti. Sono rimaste unite quando il vento ha soffiato contro, travolte dalla solidarietà proveniente anche dall’esterno, tutto attraverso la loro lotta. Due mesi dopo, hanno vinto. Region Skåne [l’organizzazione responsabile della salute pubblica nella regione di Skåne] è stata costretta a recedere, e loro hanno potuto mantenere i vecchi contratti. La resistenza paga.
Da subito, Allt åt alla ha creato una pagina Facebook per chiunque volesse esprimere il proprio sostegno per la loro campagna. In pochi giorni la pagina ha raccolto migliaia di follower, e si è sviluppato rapidamente qualcosa di molto più grande di quanto ci aspettassimo all’inizio. Oltre alle immagini e alle testimonianze da parte dei genitori dei bambini con malformazioni cardiache, e da parte dei lavoratori del settore sanitario che hanno voluto esprimere il proprio supporto – la nostra casella di posta ha iniziato a riempirsi di storie provenienti dai corridoi degli ospedali di tutto il Paese. I contributi e le storie erano distribuiti su larga scala, e hanno ottenuto un gran riscontro da parte di chi aveva condiviso le esperienze raccontate. Nella sezione commenti, le discussioni riguardavano il significato dei ricorrenti «miglioramenti nell’efficienza» (cioè la riduzione del personale infermieristico, ma con lo stesso numero di pazienti) e i livelli salariali nei diversi posti di lavoro. Sempre più la pagina si è trasformata in una comunità aperta, una fonte di conoscenza e un luogo di mobilitazione.
Il 16 marzo dello stesso anno, migliaia di persone intorno a Skåne hanno protestato contro i tagli alla sanità pubblica. Region Skåne ha indetto immediatamente una conferenza stampa. Avevano visto che a Lund un manifestante aveva portato una sarcastica mascotte di carta che rappresentava il direttore regionale Jonas Rastad, detto «siluro della sanità». Erano furiosi. Invece non erano stati turbati per niente dai 640 impiegati mancanti all’università di Skåne, dopo il blocco delle assunzioni iniziato nel 2012, né per tutti i casi che erano stati riportati, in cui la carenza di posti letto in ospedale era stata la causa diretta o indiretta della morte del paziente.
Nel 2013 uno degli obiettivi di Region Skåne era la chiusura di un’unità di chirurgia a Landskrona, ovvero: gettare nel caos un altro istituto funzionante. In questo caso, sono stati gli stessi lavoratori, con grande sostegno da parte del pubblico, a organizzare delle grandi manifestazioni, mettendo sotto pressione i media e i politici. Alla fine, la decisione è stata ritirata e hanno vinto. L’unità di chirurgia di Landskrona è ancora attiva.
Dopo la vittoria delle infermiere di Lund, una di loro ha commentato al notiziario televisivo regionale Sydnytt che «fa star bene aver fatto quella battaglia». Loro hanno iniziato questa battaglia per se stesse, per le loro future colleghe, per i pazienti e le loro famiglie. Hanno iniziato una battaglia per tutti noi, e allo stesso tempo hanno chiaramente mostrato che il mantenere una linea dura paga.
Ci sono alcune lezioni che possiamo trarre da questi eventi:
In primo luogo, diversamente da ciò che fanno generalmente i partiti di sinistra, noi non abbiamo cercato di impadronirci di queste lotte. Abbiamo iniziato con quello che eravamo – rivoluzionari, comunisti – e abbiamo lasciato che le infermiere coinvolte nella lotta visionassero i protocolli dei nostri incontri, in cui avevamo discusso le nostre strategie. Questo ha creato fiducia. Non abbiamo nascosto le nostre intenzioni né le nostre opinioni. Abbiamo portato loro la nostra solidarietà e il nostro aiuto sulle questioni pratiche: stampare poster e altro materiale di propaganda, organizzare la manifestazione, confezionare le bandiere e i cartelli per i picchetti, rendere i nostri luoghi d’incontro fruibili per loro, e così via. In secondo luogo, il gruppo Facebook continua ad avere successo, anche se non con lo stesso slancio. Alcune infermiere coinvolte in questa lotta sono più tardi confluite nel neonato «Partito della sanità», che a noi pare politicamente un vicolo cieco.
Infine, l’intervento in lotte come queste è logico nella misura in cui si tratta di qualcosa che ci riguarda tutti. Tutti noi abbiamo bisogno della sanità. D’altra parte in seguito, quando alcuni nostri compagni sono stati attaccati dai nazi e noi eravamo impegnati nell’organizzazione della più grande manifestazione antifascista di sempre nella nostra città, alcune infermiere ci hanno espresso la loro solidarietà in vari modi. Per noi si è trattato di costruire connessioni e accumulare esperienza, un esempio pratico di uno dei nostri principi fondamentali: come organizzazione dobbiamo prendere parte nelle lotte che uniscono la classe operaia e la fanno avanzare.
Fonte: Sconnessioni precarie
2 febbraio 2015