Oramai è giornalista chi si qualifica tale, e chi riceve dalla società il diritto di fregiarsi del titolo. Pertanto, la definizione di una identità professionale rischia di diventare solo soggettiva e quindi doppiamente relativa
di Vincenzo Maddaloni
Che cosa pensare? In un mondo mediatico in cui si continua a incoraggiare – a scapito di un giornalismo di informazione – un giornalismo speculativo e spettacolare che dequalifica la figura stessa del giornalista fino ad annullarla, c’è poco da pensare. Quel che incuriosisce è sapere se i giornalisti vogliono resistere all’attrattiva del gossip o se al contrario vogliono continuare ad apparire come le caricature di un settore che fa della propria crisi un titolo da prima pagina.
Ne è un esempio l’ultimo numero del The Sunday Times Magazine, che ha dedicato la copertina al Cavaliere «After the fall», «Dopo la caduta», con tanto di resoconto sulle vicende giudiziarie dell’ex premier, lo scandalo del Bunga Bunga e la sua decadenza da senatore. “Welcome, signore, to my palazzo”, si legge nel sottotitolo, assieme ad alcune riconoscibilissime frasi dell’ex premier: “Fortunatamente, non ho mai dovuto pagare una donna per fare sesso”. E ancora: “I’ve got the sun in my pocket”, “Ho il sole in tasca…”. Con tanto di servizio fotografico che mostra un Silvio Berlusconi sfiorito e polveroso. Quanto basta perché la copertina e il resoconto facciano il giro del mondo o meglio dell’infosfera, il nuovo termine con il quale sulla falsariga della “biosfera” si indica con non poca supponenza, la globalità dello spazio dell’informazione.
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