È entrata in vigore mercoledì e introduce parecchie piccole cose, come cambiamenti alla mobilità dei dipendenti e la fine del “trattenimento” (che cos’è?)
E’ sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione. Si tratta di una misura che introduce parecchi piccoli cambiamenti, nessuno dei quali sembra, per il momento, particolarmente rivoluzionario. Alcune norme potrebbero avere un impatto più o meno importante nei prossimi anni, come ad esempio quella sul cosiddetto “turnover”, cioè il ricambio dei dipendenti nelle amministrazioni pubbliche. Il primo testo del decretoera stato annunciato dal governo il 13 giugno.
Trattenimento
Fino ad oggi, i dipendenti pubblici che raggiungevano l’età pensionabile potevano sfruttare l’istituto del “trattenimento in servizio”. In sostanza, una volta raggiunta l’età pensionabile la rimandavano per due anni continuando nel frattempo a lavorare. Il 31 ottobre 2014 tutti i trattenimenti in vigore saranno annullati, mentre già dal 25 giugno non è più possibile ricorrere a questo istituto. Per i magistrati, i militari e gli avvocati di stato l’abolizione del trattamento in servizio è spostata alla fine del 2015, per evitare carenze di organico.
Mobilità
Il decreto cambia anche l’istituto della mobilità, sia quella volontaria che quella obbligatoria. Un dipendente pubblico che appartiene all’amministrazione centrale dello stato (non a regioni o comuni, quindi) non avrà più bisogno dell’assenso della sua amministrazione di provenienza (un ministero, ad esempio) per chiedere il trasferimento ad un’altra amministrazione a patto che il “ricevente” abbia un numero di posti vacanti superiore a quello dell’amministrazione di provenienza. Anche per questo scopo, ogni amministrazione dovrà pubblicare ogni anno un bando in cui dichiara la quantità di personale di cui ha bisogno. Questo per quanto riguarda la mobilità volontaria: il decreto, infatti, cambia anche quella obbligatoria e stabilisce che un dipendente potrà essere trasferito senza il suo consenso e senza quello dell’amministrazione che lo “riceverà”, a patto che quest’ultima abbia dichiarato di avere carenze di personale e che si trovi entro cinquanta chilometri dall’attuale posto di lavoro del dipendente pubblico.
Turnover
Il “turnover” è in sostanza il ricambio, tramite nuove assunzioni, dei dipendenti che lasciano il posto di lavoro. Il turnover nella pubblica amministrazione è soggetto a diversi vincoli da parecchi anni. Uno dei più importanti era di natura numerica e prevedeva che ogni pubblica amministrazione potesse assumere nuovi dipendenti a tempo indeterminato in numero ridotto rispetto a quanti avevano lasciato l’ente nell’anno precedente. Ad esempio: nel 2013 le amministrazioni potevano assumere un nuovo numero di dipendenti pari al 20 per cento di quelli che avevano lasciato l’ente nell’anno precedente. Il decreto cambia questo vincolo, che non sarà più basato sul numero di persone, ma sulle risorse spese per il loro stipendio. Di conseguenza, nel 2014 sarà possibile assumere nuovi dipendenti a tempo determinato per un totale di spesa pari al 20 per cento di quella che serviva per pagare i dipendenti che hanno lasciato quell’amministrazione nell’anno precedente.
Questa percentuale crescerà al 40 per cento nel 2015, al 60 per cento nel 2016, all’80 per cento per l’anno 2017 e infine al 100 per cento a decorrere dall’anno 2018 (polizia, vigili del fuoco e tutto il settore della scuola hanno una loro normativa particolare). Il costo dei nuovi assunti è in genere inferiore a quello di chi lascia un’amministrazione: principalmente, a causa del fatto che i nuovi dipendenti non hanno ancora comprensibilmente maturato gli scatti di anzianità. In questo modo sarà possibile ricambiare il numero dei dipendenti più in fretta rispetto a quanto sarebbe avvenuto se fosse rimasto in vigore il vincolo “numerico”.
Altre cose
Tra le altre numerose modifiche introdotte dal decreto c’è il taglio del 50 per cento dei distacchi, delle aspettative e dei permessi sindacali (tre congedi lavorativi concessi per impegni sindacali) che entrerà in vigore il prossimo primo settembre. Vengono dimezzati i “diritti annuali” (una specie di tassa) che le imprese pagano alle Camere di commercio. Diminuisce la percentuale che spetta agli avvocati dello stato sul totale delle spese legali in caso di vittoria di un processo: dal 75 al 10 per cento.
Il decreto contiene anche una serie di disposizioni per aumentare i poteri dell’Autorità nazionale anticorruzione, quella presieduta da Raffaele Cantone, ex sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. In particolare, come era già stato annunciato, viene soppressa l’Autorità di vigilanza sui servizi pubblici mentre i suoi poteri passano all’Anticorruzione (questi comprendono la possibilità di richiedere documenti ad imprese ed enti pubblici, inviare ispezioni della Guardia di finanza e richiedere perizie). L’Anticorruzione potrà inoltre richiedere ad un prefetto di ordinare il rinnovo degli organi sociali di un’impresa coinvolta in casi di corruzione negli appalti. L’autorità potrà anche imporre un’amministrazione straordinaria all’impresa, in modo da portare a termine il lavoro appaltato.