Si proietta in questi giorni nelle sale italiane il film, diretto da Sarah Gravon, “Suffragette”. La pellicola mette in scena la lotta che porterà le donne inglesi al raggiungimento del suffragio e l’uscita coincide con il 70esimo anniversario del primo voto delle donne in Italia, il 10 marzo 1946. Il termine “suffragetta” era stato coniato in senso derisorio dalla stampa inglese per indicare le attiviste del movimento a favore del suffragio elettorale alle donne e fu proprio quel termine, di cui il movimento stesso si appropriò, a rimanere nella storia quale sinonimo di resistenza, speranza e rivoluzione. Nel cast Carey Mulligan e Meryl Streep.
«Destinata dalla natura a procreare e prendersi cura della specie, l’intelletto femminile era portato a comprendere l’utile vicino e l’interesse parziale della sua famiglia, non quello lontano e generale. Quando questa idea così radicata nella cultura occidentale entrò in crisi? Questa domanda consente di mettere a fuoco la portata rivoluzionaria del suffragismo»
di Nadia Urbinati
La conquista del diritto di voto è stata per le donne di gran lunga più difficile che per ogni altra fetta di popolazione, non solo in Italia. Come Natalia Aspesi ha scritto su Repubblica introducendo il film Suffragette, la lotta per il suffragio è stata lunga e dura, in tutti i paesi, anche quelli di storia liberale come l’Inghilterra, o quelli che nacquero sul consenso elettorale e l’eguaglianza, come gli Stati Uniti. È quindi giusto dire che il decreto legislativo più rivoluzionario che ha avuto l’Italia fu quello a firma De Gasperi- Togliatti che in data 31 gennaio 1945 riconobbe il diritto delle donne al voto, anche se non all’eleggibilità, una discriminazione che sarebbe caduta di lì a poco: ventuno furono le donne elette il 2 giugno 1946 all’Assemblea costituente.
Quello suffragista fu il primo movimento globale, la prima forma di mobilitazione rappresentativa che conquistò legittimità mediante l’opinione e grazie a celebrità intellettuali che associarono il loro nome alla causa. Harriet Taylor e il marito, John Stuart Mill, furono tra i primi europei a collaborare al movimento, raccogliendo finanziamenti e scrivendo proclami. Chi come Mill o il nostro Salvatore Morelli provarono ad avanzare proposte di legge in tal senso trovò in parlamento un muro: la proposta di Mill ottenne una settantina di voti, quella di Morelli non venne neppure discussa.Certo, vi erano state, anche in Italia, proposte per concedere alle donne il diritto di voto amministrativo: ci provò Minghetti appena dopo l’unità, e poi il sindaco di Firenze, Peruzzi, la cui moglie aveva anche organizzato un salotto di discussione per preparare l’opinione suffragista. Tra gli invitati vi era il giovane Vilfredo Pareto, allora un sostenitore radicale del suffragio femminile (e della rappresentanza proporzionale!) e ammiratore del Subjection of Women (La servitù delle donne) di Mill che Annamaria Mozzoni tradusse in italiano nel 1870. Ma seppure moderata (e reiterata altre volte fino all’avvento del fascismo), la proposta del voto amministrativo non decollò.
Ci sono state, anche in Italia proposte per concedere alle donne il diritto di voto amministrativo: ci provò Minghetti appena dopo l’unità, e poi il sindaco di Firenze, Peruzzi, la cui moglie aveva anche organizzato un salotto di discussione per preparare l’opinione suffragista
James Mill, il teorico del governo rappresentativo, scrisse negli anni Trenta dell’Ottocento che siccome ogni interesse riflette quello degli altri, sembra ragionevole che il voto del capofamiglia porterà in Parlamento anche le esigenze dei componenti della famiglia, per cui non serve che i giovani maschi e le donne votino