Volentieri pubblichiamo quest’inchiesta di Fabio Tiraboschi apparsa sull’Indro che ci offre uno spaccato reale della vita nel Paese, e ci ricorda che la strada del risanamento economico è ancora tutta in salita. Se si vogliono i fatti il Governo non va ostacolato
di Fabio Tiraboschi
Chiavari. La crisi in Liguria si manifesta come il sole in quella canzone di Paolo Conte che appare come un «lampo giallo al parabrise» appena superato l’appennino. Lo fa con meno poesia ma con laconico annuncio: ‘Vendesi’.
Il nostro viaggio punta in Val d’Aveto, Alta Fontanabuona, Val di Vara, tra gli antichi insediamenti contadini tenuti in vita, tra Ottocento e primi del Novecento, dalle rimesse in dollari inviate dall’America, regno delle possibilità e approdo per migliaia di liguri dell’entroterra in fuga dalla povertà.
Borghi adottati, in seguito, dai ‘figli della guerra‘, capifamiglia nati tra gli Anni Trenta e Quaranta, che qui, sull’onda del miracolo economico, investirono nel mattone, nel mito nascente della villeggiatura.
Oggi, quel ‘tesoretto‘ della minuta borghesia genovese, orgoglio e ‘buen retiro’ di artigiani, commercianti, professionisti e dirigenti della piccola impresa, è sul mercato. In svendita.
E’ qui, nella pancia dell’Appenino ligure, che si manifesta, esplicito e drammatico, l’arretramento del ceto medio della società italiana.
Famiglie strozzate dalla crisi che in poco tempo hanno perso punti di riferimento, equilibri e valori. Vicende umane intrise di rassegnazione.
Immaginate paesi che durante l’estate triplicavano i loro abitanti, ai quali è stata tolta l’anima. Località in affanno, campagne trascurate, comunità sradicate.
Dappertutto, sulle porte delle case, cartelli con la scritta ‘Vendesi‘, alcuni vecchi di anni.
Case sole, a corto di manutenzione, giardini con l’erba alta, viali vuoti senza più i chiassosi e vitali rituali vacanzieri. Frantumi e buchi neri. Declino.
Così, nel silenzio di media e Istituzioni, si consuma l’atto di resa della generazione protagonista del boom economico. Uomini e donne, che sostenuti dalla speranza, hanno superato l’austerity degli Anni ’70, formato famiglie, allevato e cresciuto figli, consolidato, nell’arco dei due successivi decenni, certezze e patrimoni.
“Da queste parti ci si ritrovava ogni estate e tutto parlava di benessere, serenità, divertimento”, ricorda con nostalgia uno dei rari villeggianti. “Erano posti davvero speciali. Oggi invece si è spezzato l’entusiasmo, è tramontato lo spirito positivo. Si ribassano i prezzi e si vende”.
“Dopo l’introduzione dell’Euro”, confermano nelle Agenzie Immobiliari di Chiavari, “il vento è cambiato. Sono diminuite le presenze e le famiglie hanno ridotto progressivamente i periodi di soggiorno e vacanza. Negli Anni ’80 la permanenza in villeggiatura durava l’intero mese di agosto. Poi, con il passare degli anni, dal “mordi e fuggi”limitato ai fine settimana, si è passati rapidamente all’assenza”.
Uno scenario reso ancor più desolante dal fenomeno della deflazione immobiliare. Da queste parti il valore medio delle seconde case di campagna, dal 2007 (anno di inizio della crisi) ad oggi, si è praticamente dimezzato, ma chi potrebbe acquistare attende ulteriori ribassi. Tendenze ampiamente confermate dai dati nazionali.
Per anni il mattone è stato il salvadanaio delle famiglie. Dal 2007 al 2013, però, le vendite nel mercato immobiliare sono dimezzate. Dopo il decennio 1997 – 2006 ad alti livelli, con l’avvento della crisi, secondo l’ultimo rapporto del Censis, è iniziata una flessione che ha portato dalle 807 mila compravendite di case del 2007, alle 403 mila del 2013, con l’offerta che registra un picco, diametralmente opposto al numero di acquirenti disposti a comprare. Un mercato in piena spirale negativa, rianimato, solo in minima parte, dal processo, ormai sistematico, della svalutazione degli immobili.
Dall’analisi dell’andamento del prezzo medio degli immobili, situati nell’entroterra del levante Genovese, emerge che nel mese di Agosto 2014 sono stati richiesti in media 1.036 € per metro quadro, contro i 1.558 € registrati il mese di Agosto 2013, con un crollo vertiginoso del 33,52% in un anno.
Una contrazione che diventa ancor più acuta se si analizza la stessa area nel lungo periodo. Emblematico il dato del Comune di Borzonasca, centro collinare alle spalle di Chiavari, dove, per un appartamento, si è passati da un prezzo medio di 1812 € al metro quadro, richiesti nel Novembre 2012, ai 1100 € di oggi.
Eppure, malgrado i ribassi, la Liguria conserva un primato sorprendente. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Immobiliare è la regione italiana con i prezzi degli appartamenti più alti: in media 3.150 € al metro quadro, oltre il 176% in più rispetto ai prezzi medi che si registrano in Calabria. Dalla fotografia del mercato immobiliare regionale scopriamo che in Liguria sono presenti al momento 105.254 immobili in vendita e 24.654 in affitto, con un indice di circa 80 annunci per mille abitanti.
Le quotazioni più elevate sono raggiunte dalla provincia di Savona che con 4.050 € al metro quadro è in assoluto la più cara in Italia per il prezzo degli appartamenti.
Prezzi alti, ma in picchiata. Negli ultimi tre mesi, esaminando tutte le categorie d’immobili in vendita sul territorio ligure, i prezzi sono scesi del 2,38%. Analizzando le tabelle colpisce, in particolare, il deprezzamento dei monolocali, tipologia che dal mese di giugno ad oggi, in soli tre mesi, ha accusato una flessione del 6%. Tendenze, tutte segnate dal segno meno, in linea con l’andamento drammatico del mercato immobiliare nazionale. Le stime impressionanti di Nomisma rispecchiano la fotografia eloquente della recessione: la stima sul 2014 si attesta sulle 435mila compravendite di case, in leggera ripresa rispetto al picco negativo del 2013. Tuttavia per trovare un dato simile bisogna risalire almeno al 1985, ricordato ancora oggi dagli analisti come l’ultimo ‘annus horribilis’ attraversato dal settore, anche se nulla può essere paragonato al baratro di oggi.
La pesante realtà rispecchia la fredda statistica. Giaiette, un pugno di case e villette immerse tra le pinete e faggete del Passo del Bocco, mille metri di altitudine, al confine tra le provincie di Genova, La Spezia e Parma. Un albergo abbandonato, chiuso nel Duemila e mai più riaperto; due campi da tennis in rovina; case sbarrate anche in pieno agosto. Segni di un passato luminoso, ricordi di stagioni felici e spensierate.
Qui incontriamo Angelo T., classe 1933, artigiano genovese in pensione, tre figli, tre nipoti, una vita di lavoro e sacrifici, bilanciata dal sogno, realizzato, della proprietà. Da pochi giorni, ha raggiunto un accordo per la vendita della sua villetta.
Accetta di raccontarsi: “Sono stato travolto dalla tempesta perfetta”, sospira. “Tra il 2010 e il 2013 i miei tre figli hanno perso il lavoro. Due di loro, di 40 e 50 anni, ormai senza reddito e con le vite sconvolte, sono tornati a vivere con noi genitori. A quel punto ho messo in vendita la mia casa di campagna, ma ho dovuto ribassare in continuazione il prezzo. Amavo e amo questo gioiello, ma sono stato costretto a gettare la spugna. Nel 1973 pagai casa e terreno 21 milioni di lire. In 40 anni ho sempre lavorato per migliorarla e renderla più accogliente. Oggi ho concluso a centomila euro, l’equivalente di due posti auto in città. Non vivo più in un paese normale. E’ una sconfitta, un affronto”.
Chi ha comprato ? chiediamo. “Mi hanno salvato i russi. Abiteranno in questa casa stabilmente. Ho svenduto, ma nella situazione in cui mi trovo è comunque una boccata d’ossigeno”.
Così, la vecchia generazione cresciuta all’ombra della guerra, vaccinata contro lo sconforto, è costretta, oggi, ad intaccare i patrimoni di una vita accantonati con talento e coraggio.
Crisi e calo del reddito disponibile impongono scelte drastiche. Si consuma la ricchezza per salvare figli o nipoti precipitati nello smarrimento, annichiliti dalla perdita improvvisa del lavoro o da un fallimento, bloccati nelle reazioni.
Storie dolorose, che sono lo specchio di un Paese guasto che vede cambiare inesorabilmente la mappa sociale della proprietà.
Un mutamento silenzioso, ma epocale, guidato dall’avanzata di russi, ceki, tedeschi e britannici che qui, in Liguria, hanno deciso di mettere radici.
Di fronte al fenomeno le agenzie immobiliari si attrezzano. Accompagnate da slogan accattivanti come ‘Italia per Voi’, stanno nascendo, agguerrite, le società di marketing e comunicazione specializzate nei rapporti con professionisti immobiliari di diversi Paesi.
Ovviamente non tutti gli italiani vendono per le stesse ragioni. Si cedono le seconde case di campagna perché la loro manutenzione costa denaro, tempo e fatica e i proprietari, ormai anziani, non sempre sono seguiti dai figli.
Poi perché ci si libera dal carico fiscale che, soprattutto sulle seconde case, è diventato molto elevato. O ancora, perché alcune località, svuotandosi, perdono capacità di attrazione. Ma non solo. In Liguria sono in crescita gli anziani che non si rassegnano e che decidono di vendere per trasferirsi all’estero. “Si tratta di un fenomeno nuovo e tutt’altro che marginale”, spiega Stefano La Vardera, agente immobiliare attivo a Genova.
“E’ la fuga della Terza Età, pensionati che scelgono di lasciare l’Italia per inseguire il sogno di una migliore qualità della vita. Acquistano casa in Centramerica o Estremo Oriente. In Paesi come Costarica o Thailandia, dove anche una pensione di 700 euro consente una vita agiata. E’ il rifiuto di un presente senza prospettive”.
“Nella fase pre-euro”, prosegue nella sua analisi La Vardera “si vendeva con enorme facilità. Oggi, invece, si erogano meno mutui e questo fattore ha complicato il quadro. Inoltre, la scelta di vendere, era dettata anche da considerazioni di ordine estetico, da un cambiamento di gusto o di abitudini. Oggi, questo orientamento non è più prevalente e ha lasciato il posto alla vendita per necessità. Il bene di famiglia è sacrificato per bisogno e a prezzi impensabili fino a pochi anni fa. Una casa valutata 220mila euro nel 2007, oggi non può essere venduta allo stesso prezzo. Sarebbe fuori mercato. I proprietari lo sanno, accettano e ribassano; in alcuni casi anche del 30 – 35%. Del resto“, aggiunge La Vardera “si opera in un mercato sostanzialmente fermo, in una crisi senza precedenti, segnata dalla fortissima espansione dell’offerta e dalla contrazione della domanda . Tra i venditori, chi può si ritira, in attesa di tempi più propizi. Viceversa, chi ha bisogno di liquidità, svaluta rapidamente il suo bene, favorendo i compratori più pazienti. E’ un gioco crudele, modulato sull’attesa dei ribassi progressivi e su tecniche speculative . Oggi, non a caso, prima di vendere una casa trascorrono in media sette/otto mesi”.
L’atteggiamento restrittivo delle banche nell’erogazione dei mutui, pesa ancora sull’andamento del mercato ? “Senza dubbio“, spiega Stefano La Vardera. “In passato le banche erogavano mutui senza richiedere le garanzie necessarie. Oggi, al contrario, richiedono ai potenziali compratori garanzie granitiche, in accordo con le imposizioni dettate dalla Banca d’Italia e dalla normativa di Basilea 3. Così, molte persone intenzionate a comprare una casa non riescono ad ottenere il mutuo richiesto. E, vista la mancanza di disponibilità finanziaria propria, sono costrette a rinunciare. Basti pensare che il dato medio trimestrale dei mutui erogati (rivalutato in base all’indice Istat dei prezzi al consumo) oggi è pari ad un terzo di quello del 2006”.
Default immobiliare che presenta declinazioni diverse se si scende in Riviera. Rapallo, Santa Margherita, Chiavari, le blasonate località del Tigullio, dove generazioni di milanesi hanno investito storicamente nelle case delle vacanze. Qui la profonda crisi della compravendita, si rimedia con gli affitti. I milanesi arretrano, rinunciano al soggiorno, ma anziché vendere, ripiegano sul mercato delle locazioni cresciuto, ben oltre il doppio, rispetto al 2005.
Incredibilmente, però, le quotazioni degli alloggi sono scese almeno del 20%. La motivazione è semplice: a fronte del momento difficile, moltissime famiglie non sono in grado di pagare affitti alti. La tendenza dominante è quindi rappresentata dalla formula, in voga negli anni ‘50, degli affittacamere. I proprietari affidano la casa direttamente ad agenzie, anche straniere, che pensano a riempire le camere per un numero sufficiente di notti. E il rendimento, in questi casi, è accettabile. Ma il futuro non è più quello di una volta
Fonte: L’Indro
19 febbraio 2014