L’Italia viola i diritti delle donne. E’ quanto sostiene l’associazione non governativa International Planned Parenthood Federation European Network (IPPFEN che dagli anni Cinquanta si batte in 172 paesi per potenziare l’accesso ai programmi di salute delle fasce più vulnerabili) in un reclamo scritto che l’avvocato Marilisa D’Amico, ordinario di Diritto costituzionale all’ Università degli Studi di Milano, e l’avvocato Benedetta Liberali hanno presentato al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa il quale ha ufficialmente riconosciuto che l’Italia viola i diritti delle donne che – alle condizioni prescritte dalla legge 194/1978 – intendono interrompere la gravidanza, a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza. Il ricorso è stato presentato contro l’Italia al fine di accertare lo stato di disapplicazione della legge 194/1978 poiché il Comitato Europeo ha accolto tutti i profili di violazione prospettati.
La legge 194/1978 prevede che, indipendentemente dalla dichiarazione di obiezione di coscienza dei medici, ogni singolo ospedale debba poter garantire sempre il diritto all’interruzione di gravidanza delle donne. Oggi purtroppo, a causa dell’elevato numero, sempre crescente di medici obiettori – come dimostrano i dati forniti da IPPFEN nell’ambito del giudizio davanti al Comitato Europeo alcune strutture sono sprovviste di medici che possono garantire l’effettiva e corretta applicazione della legge.
Questa condanna dell’Italia dovrebbe garantire in tempi brevi la piena applicazione di una legge dello Stato, la 194, che la Corte costituzionale ha definito irrinunciabile.
“La vittoria di oggi è un successo importante perché l’obiezione di coscienza non è un problema solo in Italia ma in molti altri paesi europei. L’ IPPF, che da più di sessant’anni anni lotta nel mondo per garantire a tutte le donne i loro diritti e l’accesso alla salute sessuale e riproduttiva, vuol fare emergere la mancanza di misure adeguate da parte dello Stato italiano per garantire appunto il diritto fondamentale alla salute e all’autodeterminazione delle donne. Siamo molto felici che il Comitato Europeo abbia stabilito che l’Italia debba risolvere una volta per tutte questo problema” dichiara Vicky Claeys, Regional director di IPPFEN.
L’associazione non governativa IPPFEN è stata assistita e difesa dagli avvocati Marilisa D’Amico e Benedetta Liberali. “Come donna, ancor prima che come avvocato, sono particolarmente felice che oggi sia stato ribadito un diritto fondamentale sancito dalla legge dello Stato italiano”, spiega l’avvocato Marilisa D’Amico, “oggi è la giornata in cui si celebra la donna e suona quasi beffardo, che a trent’anni dall’approvazione della legge 194 ancora si debba combattere nelle istituzioni competenti per affermare un diritto per donne definito irrinunciabile dalla Costituzione”. “Mi auguro”, conclude l’avvocato Marilisa D’Amico, ” che al più presto vengano presi tutti i provvedimenti necessari per applicare la legge in tutte le strutture nazionali”.
La battaglia iniziata quasi due anni fa (il Reclamo collettivo n. 87 del 2012 è stato depositato l’8 agosto 2012) ha visto la partecipazione di diverse associazioni tra cui LAIGA, da sempre impegnata per l’effettiva applicazione della 194 “ Siamo felici di questo risultato perché ” , dichiara Silvana Agatone, presidente della LAIGA – “ è il frutto di anni di lavoro della LAIGA che ha fatto da catalizzatore mettendo in contatto l’organizzazione internazionale non governativa IPPFEN con gli avvocati Marilisa D’Amico e Benedetta Liberali. Si è avviato così il percorso che ha portato alla condanna dell’Italia, fornendo fondamentali dati sulla reale non applicazione della legge n. 194 ”.
Un secondo reclamo è stato presentato al Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa dalla CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) con Susanna Camusso, assistita e difesa sempre dagli avvocati. Marilisa D’Amico e Benedetta Liberali. Questo reclamo, analogo al primo, intende far valere non solo i diritti delle donne, ma anche i diritti lavorativi dei medici non obiettori di coscienza. Si attende dunque l’imminente decisione anche su questo reclamo da parte del Comitato Europeo dei Diritti Sociali.
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8 marzo 2014