Il prossimo 27 aprile inizierà alla Camera la discussione della nuova legge elettorale, quella chiamata “Italicum”, che se fosse approvata così com’è diventerebbe definitiva ed entrerebbe in vigore dal primo luglio del 2016. Finora la proposta di legge ha avuto un percorso travagliato, che si preannuncia tale anche nel suo ultimo passaggio – a meno che Matteo Renzi non decida di mettere il voto di fiducia, cosa che potrebbe accadere
di Redazione
Lo scorso 27 gennaio il Senato ha approvato di nuovo l’Italicum, apportando delle modifiche rispetto al testo che era stato già votato alla Camera; quindi la riforma dovrà tornare alla Camera per l’approvazione definitiva. Qualora si decidesse però di modificare di nuovo la legge, questa dovrebbe tornare di nuovo al Senato: e al Senato – dove l’approvazione avvenne a suo tempo con procedure anomale e contestate – il PD non ha il vantaggio di voti di cui gode alla Camera.
Alla fine di marzo, la direzione nazionale del PD aveva votato a maggioranza la relazione del segretario Matteo Renzi sull’Italicum, decidendo quindi che il testo sarebbe stato presentato alla Camera senza ulteriori modifiche. La minoranza del PD non aveva partecipato al voto, dicendo che avrebbe presentato degli emendamenti in commissione prima della discussione finale. Il 15 aprile, come aveva già fatto in precedenza la direzione del partito, anche i deputati del gruppo del Partito Democratico – senza quelli della minoranza, usciti per protesta – avevano approvato la linea del segretario e presidente del Consiglio, Matteo Renzi, cioè presentare e votare l’attuale versione della riforma. La riunione è stata però piuttosto agitata e il capogruppo del PD alla Camera, Roberto Speranza, aveva presentato le proprie dimissioni dall’incarico.
Cosa dice ora il progetto di legge elettorale
Va ricordato che la legge elettorale vale solo per la Camera, in vista delle riforme costituzionali che porteranno il Senato a non essere più direttamente elettivo: per avere il tempo di approvare quest’ultima riforma, nell’Italicum è stata inserita una clausola che ne prevede l’entrata in vigore dal primo luglio del 2016 (se così non fosse verrebbe in pratica approvata una legge che non si potrebbe rispettare). L’Italicum è un sistema elettorale proporzionale (il numero di seggi verrà assegnato in proporzione al numero di voti ricevuti) e il calcolo sarà fatto su base nazionale, ma modificato fortemente da un premio di maggioranza:
• la lista che supera il 40 per cento dei voti ottiene un premio di maggioranza: raggiungendo in tutto 340 seggi, cioè il 55 per cento del totale.
• se nessuna lista supera il 40 per cento dei voti è previsto un secondo turno, cioè un ballottaggio tra le due liste che hanno ottenuto più voti. La lista che prende più voti dell’altra ottiene il premio di maggioranza. Fra il primo e il secondo turno non sono possibili apparentamenti o collegamenti di lista: competono le liste così come sono state presentate all’inizio.
• è prevista una soglia di sbarramento del 3 per cento per ottenere seggi alla Camera.
• saranno costituiti cento collegi che comprenderanno fino a 600mila persone. Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige saranno escluse dal sistema proporzionale: lì si voterà in nove collegi uninominali come già previsto dal precedente sistema elettorale.
• ci saranno le candidature multiple: i capilista – ma solo loro – potranno cioè essere inseriti nelle liste in più di un collegio, come già accadeva nel Porcellum, fino a un massimo di 10 collegi.
• ci saranno quindi cento capilista, scelti direttamente dai partiti. Prima sono eletti i capilista, poi – se avanzano posti – i candidati eletti con le preferenze. Dal secondo eletto in poi intervengono dunque le preferenze e ogni elettore o elettrice ne potrà esprimere due: obbligatoriamente un uomo e una donna pena la nullità della seconda preferenza. Tra i capilista, non più del 60 per cento sarà dello stesso sesso. Nella prima versione dell’Italicum le liste erano bloccate: i candidati venivano cioè eletti nell’ordine con cui erano in lista (se un partito aveva diritto a tre seggi, venivano eletti i primi tre). Il sistema delle liste bloccate era stato però bocciato dalla Corte Costituzionale.
Le critiche
Le principali critiche all’Italicum sono cinque e riguardano collegi plurinominali, pluricandidature dei capilista, capilista bloccati, negazione di coalizioni al primo turno, impossibilità di apparentamenti o collegamenti di lista al secondo turno.
– I collegi dell’Italicum saranno grandi fino a cinque volte quelli del Mattarellum e comprenderanno fino a 600 mila persone: più o meno, ogni collegio eleggerà sei deputati. Gli eletti verranno selezionati prima sulla base del risultato nazionale del partito e poi sulla base del risultato nel singolo collegio. Al partito vengono infatti assegnati i seggi proporzionali al suo risultato nazionale, e solo a questo punto quel numero di seggi è distribuito in base ai voti ottenuti nei singoli collegi. La conseguenza è che non necessariamente un ottimo risultato locale si traduce in un’elezione: e che la scelta fatta dagli elettori in un collegio verrà limitata dalla scelta fatta da tutti gli altri elettori su scala nazionale. Per i critici della legge questa è una limitazione del rapporto diretto tra collegi ed eletti.
– le pluricandidature dei capilista permetteranno ai partiti di governare la scelta finale su uno o l’altro dei secondi arrivati in lista.
– i capilista bloccati: tutti gli eletti dei partiti non vincitori saranno i primi della lista, cioè quelli scelti dai partiti. Gli elettori che voteranno un partito che perderà le elezioni non potranno sostanzialmente scegliere i loro eletti, a meno di capilista pluricandidati. Una legge elettorale, sostengono i critici dell’Italicum, dovrebbe garantire massima rappresentanza a chi governa ma anche a chi sta all’opposizione.
– la negazione di coalizioni al primo turno, porterà, come ha detto Rosy Bindi criticando questo preciso punto, «a un partito unico della nazione, che avrà nella sola Camera una maggioranza “pigliatutto” di 340 deputati e avrà intorno 4 o 5 mini partiti in lotta tra di loro».
– l’impossibilità di apparentamenti o collegamenti di lista al secondo turno è innanzitutto lontano dal modello che Matteo Renzi ha più volte citato, quello cioè delle elezioni dei sindaci. Negare entrambe queste possibilità a livello nazionale produrrebbe, secondo i critici, una forte polarizzazione, una mancanza di pluralismo (o entri nella lista o sei fuori) e una mancanza di rappresentanza.
Fonte: ilPost
17 aprile 2014