Quali siano le cose da cambiare lo si sa da sempre: meno burocrazia, meno spese folli della pubblica amministrazione, sindacati piccoli e grandi meno corporativi, una giustizia “umana” (nel senso che interviene in tempi ragionevoli), meno persone e enti con il diritto di veto su tutto. Per fare tutti questi cambiamenti bastano mille giorni?
Mille giorni per cambiare l’Italia a molti sono sembrati un’abile fuga in avanti. Un modo per non prendere impegni troppo “vicini” e quindi facilmente verificabili.
Mille giorni, però, sono probabilmente pochi. Due soli dati per capire come siamo messi male: oggi il “sistema Italia”, invece di produrre ricchezza, produce mille disoccupati al giorno. E’ un po’ come se avessimo inventato un’economia che gira all’incontrario. Il secondo dato è che nella classifica mondiale dell’alta velocità su Internet (la modernità) siamo al 98esimo posto: siamo dietro alla Grecia e, se può consolarci, davanti al Kenya.
A questo si può aggiungere il fatto che sono almeno 10-15 anni che l’Italia non cresce, gira incessantemente intorno al palo dello zero o, al massimo dello 0,2. E questo nonostante si sia fatto larghissimo ricorso ai debiti. I soldi cioè non sono mancati. E’ il sistema che ormai non risponde quasi più: può sembrare una fissazione da smanettoni, ma se persino la Grecia ci passa davanti come velocità di Internet, vuol dire che qualcosa non funziona. E quel qualcosa è l’Italia.
Non è sempre stato così. L’Autosole, con i suoi 700 e passa chilometri, fu realizzata da San Donato a Milano fino a Napoli, con ponti e gallerie a non finire in appena otto anni. Oggi otto anni sono necessari per avere la licenza per tirare su un capannone e non bastano per avere una sentenza che obblighi un debitore a fare onore ai suoi impegni.
Se si riflette su questo, ci si rende conto che mille giorni sono probabilmente pochi. Ma c’è di più.
Gli esperti di Oxford Economics, e questa è una buona notizia, collocano il punto di svolta, dove cesseremo di andare indietro e cominceremo a andare avanti, in un momento che si colloca qualche settimana fa. Se hanno ragione, dovremmo già avere imboccato la strada buona. Ma gli stessi economisti ci dicono che nel periodo 2014-2018 la crescita media annuale dell’Italia sarà solo dello 0,9 per cento. Nel periodo successivo (2019-2023) la nostra crescita media annua dovrebbe essere dell’1,1 per cento. E prevedono, nel 2023, una disoccupazione ancora del 9,3 per cento: cioè quasi un italiano su dieci senza lavoro.
Che cosa significa tutto questo? Che l’Italia è un organismo malato: lo si può drogare quanto si vuole (con denaro e altro), al massimo farà una veloce corsa e poi si siederà di nuovo sul bordo della strada. Sono quindici anni che le cose vanno così. E, se non cambia niente, perché il futuro dovrebbe essere diverso?
Quali siano le cose da cambiare lo si sa da sempre: meno burocrazia, meno spese folli della pubblica amministrazione, sindacati piccoli e grandi meno corporativi, una giustizia “umana” (nel senso che interviene in tempi ragionevoli), meno persone e enti con il diritto di veto su tutto.
Per fare tutti questi cambiamenti bastano mille giorni? Io dico di no. Allora Renzi mente? No. Penso che speri di farci vedere qualcosa, qualche cambiamento in questi mille giorni, che ci faccia venire voglia di andare avanti davvero, smantellando l’Italia delle caste, dei ceti protetti, delle tonnellate di carta che vagano da un ufficio all’altro.
Sono ottimista? Forse. Però se nessuno cambia questa Italia, questa Italia continuerà a essere una piccola cenerentola, mal sopportata dagli altri e che non garantirà niente ai giovani di oggi.
Titolo originale: Mille giorni all’alba
Fonte: Uomini&Bussines
4 settembre 2014