“L’esplosione della cosiddetta economia globale ha coinciso con un’esplosione di emissioni,e perché dovremmo essere sorpresi da questo, a posteriori? Penso però che quando combattevamo contro quegli accordi di libero commercio, molti di noi non capivano la dimensione del clima implicita in quella battaglia”
Naomi Klein, autrice di due libri epocali: “No Logo” [pubblicato in Italia con lo stesso titolo] e “The Shock Doctrine” [pubblicato in italiano con il titolo: Shock Economy], ritorna con una nuova opera rivoluzionaria: “This Changes Everything: Capitalism vs. The Climate” [Questo cambia tutto: il capitalismo contrapposto al clima]. Il libro resetta il dibattito sul riscaldamento globale focalizzandosi sul modo in cui è collegato integralmente all’attuale sistema economico che si estende in tutto il globo.
La buona notizia è che Naomi Klein ha scritto un libro immensamente ottimista, un libro sulle persone che credono di poter fare un cambiamento e che lo stanno facendo sfidando un sistema politico ed economico che sembrerebbe destinarle al fallimento. Non descrive che cosa verrà dopo il capitalismo, lasciandolo ai movimenti sociali che dice stiano nascendo in tutto il mondo, ma ne delinea i contorni, facendoci sapere a che cosa si oppone questo nuovo movimento per la giustizia del clima – ma anche a che cosa è favorevole – e perora la causa di un ampio movimento di giustizia ridistributiva che comprenderebbe movimenti già esistenti a favore della giustizia razziale, del femminismo e della decolonizzazione.
Ho raggiunto la Klein a New York per parlare del perché il liberalismo non basta, del motivo per cui i miliardari non possono salvarci e di che cosa abbiamo bisogno di fare per salvare noi stessi.
Sarah Jaffe per “Truthout”: Lei ha scritto altri due libri: No Logo e Shock Doctrine che hanno contribuito a darle un nome e a capire un particolare momento storico. In che modo questo libro è stato una conseguenza diretta della sua precedente opera e in che modo sono cambiate la sua visione del mondo da quando ha scritto quei due libri?
Naomi Klein: “Da più punti di vista questo è una continuazione diretta di The Shock Doctrine, in quanto quel libro inizia e finisce con l’Uragano Katrina e con uno sguardo al futuro in cui il nostro mondo diventa sempre più incline al disastro, con un clima e un’economia instabili, ed ogni scossa ci spinge sempre più a essere separati con la forza. E’ la visione del futuro che penso diamo così per scontata che continuiamo a ripetere la stessa visione in ogni film di fantascienza di tono apocalittico che viene prodotto. E’ un piccolo gruppo di vincitori e di orde di perdenti che vengono esclusi”.
“The Shock Doctrine” parlava del peggio dell’umanità in crisi. Un sacco di gente mi ha chiesto, dopo che è stato pubblicato, se ci poteva essere una risposta progressista oppure no. Mi ricordo il primo evento che ho fatto per The Shock Doctrine, prima che uscisse, a New Orleans; Sake Soni, un fantastico organizzatore, si è alzato e ha detto: “Va bene, loro hanno il capitalismo del disastro, noi abbiamo bisogno del collettivismo per il disastro!” Ho l’abitudine di citarlo sempre. Termino quel libro parlando di come ci sono precedenti progressisti per la crisi che sono momenti di enorme vittoria progressista e di fatto questo è il motivo per cui la destra ha imparato ad entrarci rapidamente prima che accadesse; questa è la Dottrina dello shock”.
“Tornando a “No Logo”, che si occupava di più di seguire l’ascesa della catena della produzione globale, penso che quello che era meno chiaro all’epoca è che ci fosse un rapporto diretto tra la mano d’opera a basso costo e l’energia sporca; infatti se si è una grossa azienda e tutto quello di cui ci si preoccupa è di tagliare i costi di produzione, questo soltanto interessa, sarà economico, la mano d’opera maltrattata che non ha la libertà di organizzarsi, e allora ci sarà il carbone, il più economico e sporco dei combustibili fossili”.
“Quindi l’esplosione della cosiddetta economia globale ha coinciso con un’esplosione di emissioni, e perché dovremmo essere sorpresi da questo, a posteriori? Penso però che quando combattevamo contro quegli accordi di libero commercio, molti di noi non capivano la dimensione del clima implicita in quella battaglia. E’ tutta una sola lunga storia”.
SJ: In questo libro lei dice quello che non si presume dica la gente: che “aggiustare il clima è incompatibile con il capitalismo. In particolare, lei fa notare i modi in cui il motivo del profitto si è dimostrato un fattore di corruzione, in alcuni casi per i gruppi verdi stessi, in altri casi per le promesse presumibilmente benefiche fatte dai super ricchi. Ci può parlare un poco del modo in cui il profitto non è stato e non sarà in grado di risolvere la crisi?
NK: “C’è un capitolo nel libro sui motivi per cui i miliardari non ci salveranno, e il significato di quel
capitolo è di non godere quando Michael Bloomberg e Richard Branson fanno degli errori. E’ come dire, va bene, diciamo che questi sono i miliardari più impegnati del pianeta. E diciamo che in vari momenti si sono spaventati moltissimo per il cambiamento del clima. Ma rinchiusi negli imperativi del loro modello, è possibile che Michael Bloomberg comprenda il rischio a medio termine dei combustibili fossili e che contemporaneamente appoggi resoconti come Risky Business** che si occupa di avvertimenti sui miliardi di dollari di costi che provoca un clima destabilizzato, ed è possibile che Michael Bloomberg, in quanto investitore, possa scegliere a brevissimo termine di spendere i suoi miliardi in petrolio e in gas, come in realtà fa. C’era questa idea che si trattava soltanto di convincere le persone super ricche che questo era davvero un problema, e che realmente ci sarebbero dei costi in seguito e che nel lungo termine sarebbe meglio impedire che avvenga”.
Il problema è che il capitalismo è stupido. Conoscete quella copertina della rivista Bloomberg Businessweek ,“E’ il riscaldamento globale, stupido,”, ebbene è il riscaldamento globale, ma il capitalismo è stupido perché in realtà non pensa. Cerca il massimo profitto a breve termine. Penso che la gente stia fraintendendo il fatto che ci sono miliardari là fuori che in realtà capiscono la portata del problema e realmente parlano molto ma fanno poco circa la bolla di anidride carbonica e il rischio economico, perché hanno l’idea che non si trasformerà in azione. Diventa davvero pericoloso quando anche l’ONU lo crede. Contino a ricevere comunicati stampa dall’ONU riguardo a come la parte migliore del vertice è che abbia una partecipazione senza precedenti di multinazionali e di amministratori delegati della Bank of America e di Walmart, McDonald’s e Amoco. E’ sempre la stessa idea che far sedere delle persone attorno a un tavolo con le giuste informazioni e i giusti incentivi al proprio posto, risolverà questa situazione dall’alto e non ci sarà bisogno di alcun attrito”.
“Penso che la vera differenza è che ora c’è un movimento all’esterno che dice no, che capisce che gli imperativi dell’industria dei combustibili fossili sono fondamentalmente incompatibili con un clima vivibile. Questo è lo scopo della ricerca del tracciato dell’anidride carbonica (http://www.carbontracker.org/) che ha dato il via al movimento per il disinvestimento dei combustibili fossili; infatti gli studenti guardano quei numeri e dicono: va bene: la mia università sta investendo in industrie che hanno fatto una scommessa contro il mio futuro. Si può discutere sul disinvestimento dai combustibili fossili come tattica, ma penso che sia importante comprendere con che cosa si è alle prese, e penso che ci sia molta più chiarezza nel movimento adesso di quanta ce ne sia stata da decenni”.
Traduzione di Maria Chiara Starace per ZNet
Originale: Truthout
13 ottobre 2014