Tutti insieme scriviamo le regole per far funzionare la Città Metropolitana

La seconda seduta del Consiglio Metropolitano

La seconda seduta del Consiglio Metropolitano

Ho accettato la proposta di presiedere la commissione del Consiglio Metropolitano che avrà il compito di redigere la proposta di Statuto e ne sono sinceramente onorata

Il compito che ci siamo assunti è  di scrivere regole che permettano un reale miglioramento del sistema pubblico , regole nuove che facciano della semplicità , della velocità , della rendicontazione responsabile il proprio obiettivo.

Non sarà semplice e neppure scontato, anzi prevedo troverà molto ostacoli proprio perchè la semplificazione , la rendicontabiltà e lo stabilire chi fa cosa in maniera univoca senza sovrapposizioni ne’ possibili confusioni di competenze, renderanno evidenti sacche di inefficienza e talvolta di vere forme di abuso del potere .

Come ho detto oggi durante la riunione della Commissione interpreto questo mio ruolo in maniera del tutto trasversale , penso che insieme dobbiamo scrivere uno Statuto utile alle amministrazioni Locali , ai cittadini e alle cittadine , ai lavoratori e alle lavoratrici  alle imprese , alle associazioni. Pertanto, è per raggiungere questo obiettivo che ho proposto una chiamata pubblica di partecipazione per ricevere contributi alla scrittura dello Statuto appunto.

A tale scopo, è stata aperta una fase di raccolta di documenti e proposte scritte provenienti da istituzioni pubbliche, associazioni, organizzazioni e singole cittadine e cittadini. Il testo elaborato dalla Commissione verrà poi discusso e adottato da tutto il Consiglio e portato quindi all’approvazione definitiva dei Sindaci riuniti nella Conferenza metropolitana.

Il tempo per l’invio dei contributi e’ di una settimana che pare breve, ma in effetti rappresenta un terzo del tempo messo a disposizione della commissione per redigere la proposta complessiva.

Vi assicuro che i contributi che riceveremo saranno tutti presi in considerazione. Sarà un lavoro intenso, ma col contributo di tutti diverrà proficuo e utile .                                                                                                              Arianna Censi

Termine per la presentazione: lunedì 10 novembre 2014, ore 9.00

I contributi scritti possono essere inviati a: Supporto.OrganiIstituzionali@provincia.milano.it

Troverete tutti gli aggiornamenti sullo Statuto su ariannacensi.it

 

3 novembre 2014

Il 9 novembre 1989 crolla il Muro di Berlino. Cos’è rimasto di quella gioia

Venticinque anni dopo in molti continuano ancora a considerare il crollo del Muro, dell’Urss, di tutto il sistema comunista come una “vittoria”, non soffermandosi sulle “anomalie” che ne sono nate. Una di queste è che ogni giorno vengono distrutti migliaia di posti di lavoro senza che nessuno pensi a difenderli, a meno che non sia minacciato il proprio interesse personale

Stalking: quando la tecnologia aiuta le vittime

Oggi in Italia ogni dodici secondi una donna è vittima di violenza psicologica, fisica o sessuale. Ogni due giorni e mezzo, una donna viene uccisa dal proprio compagno o dall’ex. E i numeri di questa strage sembrano essere in aumento. La tecnologia viene in aiuto dando loro la possibilità, in tempo reale, di informarsi sullo stalking. Grazie a Telefono donna in collaborazione con la Asl di Milano il manuale antistalking è scaricabile gratuitamente per Android e IOs

Natale e Cioccolata

E’ realmente accaduto: nel 1914, il primo Natale della Grande Guerra, gli eserciti inglese e tedesco si preparano a passare la notte di Natale in trincea. Ma un soldato si mette a cantare Stille Nacht e tutti lo seguono. Spontaneamente i soldati decidono una tregua. Questo spot dell’inglese catena di supermercato Sainsbury è stato realizzato…

Uno spot decisamente osé

“Ognuno di noi può contrastare il cambiamento climatico in corso”. E per spiegarlo nel modo più convincente possibile, il ministero federale tedesco dell’Ambiente ha realizzato uno spot decisamente osé. Una ragazza rientra a casa e trova i genitori che fanno sesso in salotto. Imbarazzo iniziale e poi il gesto che dà il senso alla pubblicità:…

Tempi cupi: per le giornaliste americane manco i lupi

L’ inversione di rotta nella stampa americana al centro di un articolo di Anne Marie Lipinsky, curatrice della Fondazione Nieman per il Giornalismo ad Harvard, che su NiemanLab analizza lo status sociale e lavorativo delle donne nei mezzi di comunicazione. L’ ex direttrice del Chicago Tribune, in particolare, sottolinea come in molteplici casi la posizione femminile di vertice, in ruoli decisionali, abbia subito negli ultimi anni una flessione negativa

Brittany Maynard e il diritto di morire con dignità

 Brittany Maynard

Brittany Maynard

Io non voglio morire. Ma sto morendo. E voglio farlo alle mie condizioni. Non direi a nessun altro che dovrebbe scegliere di morire con dignità. La mia domanda è: chi ha il diritto di dirmi che non merito di fare una scelta del genere? Che merito di soffrire per settimane o mesi dolori tremendi, sia fisici sia mentali? Perché qualcun altro dovrebbe avere il diritto di prendere una decisione del genere per me?” (Brittany Maynard, My right to death with dignity at 29, Brittany Maynard, 9 ottobre 2014, CNN).

di Chiara Lalli*

A gennaio 2014, dopo anni di insopportabili mal di testa, Brittany Maynard scopre di avere un tumore al cervello. Ha 29 anni.
Il glioblastoma è il più aggressivo e mortale dei tumori cerebrali, la prognosi è di 6 mesi di vita. Come ricorda il video, in cui Maynard racconta la sua storia e spiega la decisione di morire alle sue condizioni, sono pochissimi i pazienti che sopravvivono oltre i 3 anni nonostante i trattamenti.
“La mia famiglia ha sperato in un miracolo”, racconta.

Magari la risonanza è sbagliata? Magari hanno sbagliato qualcosa?”, ricorda la madre di Maynard. La realtà è indifferente però alle speranze e al rifiuto di una diagnosi tanto impietosa.

Maynard decide allora di andare in Oregon, dove dal 1997 è in vigore il Death with Dignity Act.
Le sue condizioni rientrano in quelle previste dalla legge. Il solo fatto di poter decidere quando interrompere la propria vita diventata insopportabile e senza prospettiva di miglioramento è rassicurante (“I could request and receive a prescription from a physician for medication that I could self-ingest to end my dying process if it becomes unbearable”) – è un dato comune in chi è malato in modo irreversibile e la cui prognosi indica sofferenze difficilmente trattabili.

Non è solo il dolore, è anche voler mantenere il proprio confine di dignità, forse anche recuperare – in modo insoddisfacente e parziale – il controllo sulla propria vita.
È un sollievo – dice Maynard – pensare di non dover morire nel modo in cui mi hanno detto che mi farebbe morire il tumore.

Aveva considerato di morire in un hospice, ma anche con le cure palliative avrebbe potuto soffrire, sviluppando una resistenza alla morfina e ritrovandosi a vivere cambiamenti motori, cognitivi, di personalità, nel linguaggio – insomma, un profondo e doloroso stravolgimento di un’esistenza comunque prossima alla fine.

La giovane età e il fatto che il suo corpo sia sano costituisce un ulteriore rischio: “Potrei sopravvivere a lungo anche se il tumore sta mangiando il mio cervello. Soffrire con molta probabilità per settimane in un hospice, forse per mesi. E la mia famiglia dovrebbe assistere a tutto questo. Non voglio questo scenario da incubo per loro”.

La questione che per alcuni è “controversa” sembra invece davvero semplice (dolorosa, certo): “Perché qualcun altro dovrebbe avere il diritto di prendere una decisione del genere per me?”.
In altre parole e se proprio servissero i sottotitoli: chi ha il diritto di decidere al posto mio? Chi dovrebbe avere – senza il mio consenso – la possibilità di dirmi di sopportare, se non voglio, sofferenze inutili e intrattabili?
Maynard ha deciso di morire con la propria famiglia accanto, nella sua stanza, senza aspettare e senza sopportare l’insopportabile.
Tra il soffrire e il decidere quando è abbastanza” – dice il marito – “è rassicurante che possa scegliere, che questa possibilità esista. Sarà lei a decidere quando è ora”. E la madre aggiunge che non può che andare così, perché Brittany deve poter vivere come vuole, prendere decisioni, essere cioè com’è sempre stata.

Sono solo 5 gli stati in USA che permettono ai malati terminali di decidere come e quando morire. Per Maynard è ingiusto che per la maggior parte delle persone non esista la possibilità di scegliere di morire dignitosamente.

Quello che dice somiglia alle parole di molti altri.

Come Piergiorgio Welby: “Io non sono né un malinconico né un maniaco depresso – morire mi fa orrore, purtroppo ciò che mi è rimasto non è più vita – è solo un testardo e insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche. Il mio corpo non è più mio … è lì, squadernato davanti a medici, assistenti, parenti”.
O Peter Goodwin, medico e sostenitore del diritto di morire: “Se si pensa al suicidio, è impulsivo, spesso violento, quasi sempre solitario. Questo invece è un processo che avviene con il supporto della famiglia, dopo un’attenta valutazione. È una morte gentile”.

The Brittany Maynard Fund ha l’intento di allargare a tutti la possibilità di scegliere: “To expand the death-with-dignity option to all”.
Perché “Death with dignity is an option every person deserves, to reduce suffering at the end of life and die in comfort and control, with dignity”.

clalli* Chiara Lalli, Filosofa e giornalista, il suo ultimo libro è “A. La verità, vi prego, sull’aborto”

Fonte: Wired

21 settembre 2014