Nella riforma della pubblica amministrazione sono stati soppressi alcuni articoli che permettevano circa 4 mila pensionamenti nella scuola: e che cos’è la “quota 96”?
La commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato il testo del decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione, dopo l’introduzione da parte del governo di quattro emendamenti “soppressivi” riguardo le pensioni: il decreto legge era stato approvato la settimana scorsa dalla Camera con voto di fiducia.
Gli emendamenti approvati dalla commissione Affari costituzionali stabiliscono, tra le altre cose, l’abolizione della soglia dei 68 anni per il pensionamento d’ufficio di professori universitari e primari e l’abolizione di un articolo che avrebbe permesso circa 4 mila pensionamenti nella scuola (per la cosiddetta categoria dei lavoratori “quota 96”: una cifra ottenuta sommando età e anni di servizio). Sono inoltre state ripristinate le penalizzazioni sull’importo dell’assegno per i dipendenti pubblici che vanno in pensione prima dei 62 anni. Il testo sarà discusso al Senato a partire dalle 20 di lunedì 4 agosto: l’introduzione degli emendamenti è stata accolta con disapprovazione dalle opposizioni e da alcuni deputati del PD membri della Commissione lavoro.
Il ministro per la Pubblica amministrazione Marianna Madia non ha escluso che il governo possa ricorrere al voto di fiducia anche al Senato, dopo quello alla Camera di mercoledì scorso. In un ordine del giorno sottoscritto da tutti i gruppi alla commissione Affari costituzionali del Senato il governo si impegna a valutare in un prossimo provvedimento le possibili soluzioni per il pensionamento dei cosiddetti “quota 96” aboliti dagli emendamenti soppressivi. Diversi commentatori hanno interpretato la decisione del governo come determinata almeno in parte dalle segnalazioni della Ragioneria dello Stato – che aveva evidenziato problemi di coperture finanziarie – e alle critiche fatte il 31 luglio scorso dal commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica Carlo Cottarelli, che in un post sul suo blog aveva criticato i mancati tagli del governo alla spesa. Il senatore del PD Giorgio Pagliari, relatore del decreto legge, ha detto che sarebbe servita “chiarezza da parte della Ragioneria generale dello Stato nella valutazione delle coperture” e che sarebbe servita prima dell’approvazione della Camera. Ma andiamo con ordine.
Chi sono i “quota 96”
La cosiddetta “quota 96” si riferisce ad alcune categorie di lavoratori che, in base alle leggi sulle pensioni precedenti alla riforma Fornero, avevano maturato il diritto alla pensione a 61 anni e 35 anni di servizio, o a 60 anni e 36 anni di servizio (la somma delle due soglie dà in entrambi i casi 96, da cui il nome della quota). Le quote per accedere alla pensione furono di fatto abolite dalla legge del governo Monti, ma della “quota 96” si parlò relativamente poco perché riguardava un numero di lavoratori di gran lunga inferiore rispetto ai cosiddetti “esodati”, di cui invece si parlò ampiamente.
Dalla riforma Fornero in avanti, con “quota 96” si cominciò quindi a definire una categoria di lavoratori in larga parte formata da insegnanti: quelli che avevano maturato il diritto alla pensione – in virtù della “quota 96” – esattamente tra il 1° gennaio 2012 e il 31 agosto 2012, e cioè al termine dell’anno scolastico 2011/2012. Tutti quelli che avevano i requisiti anagrafici e contributivi necessari, alla data del 31 dicembre 2011, ebbero effettivamente diritto ad accedere alle pensioni secondo le vecchie norme (la quota 96, appunto); tutti gli altri – quelli che avevano presentato domanda proprio nell’anno scolastico 2011/2012 – rimasero senza possibilità di andare in pensione, sebbene ne avessero maturato il diritto in base alla legge precedente. Gli insegnanti avevano maturato il diritto alla pensione alla fine del 2011 ma non sarebbero potuti andare in pensione fino alla fine dell’anno scolastico, nel 2012: solo che nel frattempo era cambiata la legge.
Le critiche al governo
Molte delle critiche ricevute dal governo riguardo la gestione di questa vicenda – da parte delle opposizioni, dei sindacati e di alcuni membri del PD – si concentrano sul fatto che le coperture finanziarie necessarie per occuparsi della questione dei circa 4 mila lavoratori della “quota 96”, come effettivamente era previsto nel testo del decreto legge uscito dalla Camera, non fossero particolarmente elevate. “I benefici sarebbero stati ampiamente maggiori rispetto ai costi”, ha detto il segretario generale della FLC-CGIL, Mimmo Pantaleo.
In un post pubblicato su Facebook, il deputato ed ex presidente del PD Gianni Cuperlo ha detto che la somma complessiva necessaria per permettere il pensionamento dei “quota 96” si aggira intorno ai 400 milioni di euro, e – riprendendo un recente articolo di Federico Fubini su Repubblica – ha detto che diversi sprechi del settore pubblico potrebbero essere eliminati per favorire le categorie di lavoratori bisognose di un intervento da parte del governo. “Ricordo una voce tra le tante che colpiva per l’entità. Ogni anno lo Stato spende per la gestione della telefonia fissa circa 2 miliardi di euro. Una diversa razionalizzazione nei contratti e nella pianificazione del servizio porterebbe, secondo i calcoli di Cottarelli, a un risparmio di 1 miliardo e mezzo”, ha detto Cuperlo.
4 luglio 2014