In Germania il consiglio federale non è il doppione del Bundestag, la camera tedesca. Se lo si adottasse si risparmierebbero un sacco di soldi. Infatti costa pochissimo al contribuente tedesco
Berlino. La Germania non gode di eccessive simpatie in Italia. Tutta colpa dei crucchi se a noi va male. Confessare che abito a Berlino è un problema. Mi chiedono spiegazioni, ma appena non confermo i pregiudizi, cominciano a sospettare che sia plagiato da Frau Angela. Un traditore. Così mi ha sorpreso leggere che Matteo Renzi vorrebbe trasformare il senato copiando Berlino e, soprattutto, che lo voglia fare senza modifiche «all’italiana».
Il punto più importante è che il Bundesrat, il Consiglio federale e non la Camera alta come si ostinano a tradurre alcuni colleghi, costa ben poco ai contribuenti.
Quasi ogni paese in Europa si basa su un sistema bicamerale, e non sarebbe opportuno abolire semplicemente il senato. Però si può evitare che sia un esatto doppione della camera. Il Bundesrat, appunto, è del tutto diverso dal Bundestag, il parlamento federale. I suoi membri non sono eletti con un voto nazionale, ma scelti da ogni Land, regione, tra i parlamentari locali. Non costano, a parte le spese delle trasferte periodiche nella capitale. Sono appena 69, quasi un quinto dei nostri senatori. Pochi e in grado di funzionare in modo efficiente. Devono esprimere un voto unitario per Land, e non decidere individualmente. Purtroppo non è solo una questione di regole, ma di mentalità, ed è difficile imitare su questo punto i tedeschi.
Ogni regione ha tanti membri in rapporto alla sua popolazione, da tre a sei, ma la proporzione non è rigida. Länder come la Nord Renania Westfalia, con 17 milioni di abitanti, o la Baviera il cui prodotto regionale è superiore a quello dell’ Olanda e del Belgio messi insieme, hanno sei membri, solo tre in più del minuscolo e povero Schleswig-Holstein. Ovviamente, i delegati sono scelti secondo il rapporto di forze nel governo locale. E, dato che le elezioni nei 16 Länder si svolgono in date differenti nel corso dei quattro anni della legislatura federale, quasi sempre la maggioranza al Bundesrat è diversa da quella del Bundestag.
La Merkel, prima di vincere per la terza volta, lo scorso settembre, aveva perso tutti i confronti regionali, e si trovava alle prese dunque con un Bundesrat dove era in minoranza. Un problema che non ha la Grosse Koalition. Ma il consiglio federale non è sempre ostile per principio. Un altro punto fondamentale.
La camera regionale ha il diritto di veto su tutte le leggi federali che abbiano un interesse locale, quindi su quasi tutte. Ha messo in discussione i trattati con l’Est firmati quarant’anni fa da Willy Brandt, e nel ’92 il Trattato di Maastricht. Ma la Corte costituzionale ha finito per dare ragione al governo federale. Un «nein» ripetuto solo per ragioni di tattica politica per paralizzare il lavoro del governo centrale sarebbe pericoloso e poco gradito dagli elettori. È avvenuto di rado, per esempio, negli ultimi tempi della lunga èra Kohl da parte dei Länder a maggioranza socialdemocratica.
Sarebbe bello se Renzi riuscisse a realizzare il suo progetto. Non solo per risparmiare sul costo del senato. Vorrebbe dire che l’Italia è un paese diverso. La Germania è veramente uno stato federale, l’Italia lo è solo sulla carta. Le nostre regioni hanno finito per copiare tutti i difetti di Roma e a moltiplicare le spese. Il Bund, la federazione, è basato sul principio di solidarietà, le regioni ricche aiutano quelle più povere. Dopo la riunificazione hanno dovuto modificare le regole della cassa di compensazione a evitare che le cinque disastrate nuove regioni dell’ex Ddr succhiassero tutte le risorse delle regioni occidentali. E i Länder corrispondono agli antichi stati tedeschi, la Baviera aveva un suo re fino al 1918, e l’anseatica Amburgo è sempre stata orgogliosa della sua secolare indipendenza. Da noi, secondo questo principio, le regioni si ridurrebbero a cinque, contando il Granducato di Toscana, a meno che non volessimo resuscitare le gloriose repubbliche marinare.