È il caso di conoscerlo meglio: le cose da sapere sul dodicesimo presidente della Repubblica italiana
Sergio Mattarella è stato eletto presidente della Repubblica al quarto scrutinio: sarà così il dodicesimo presidente della Repubblica italiana e resterà in carica sette anni, fino al 2022.
Sergio Mattarella è un ex dirigente della Democrazia Cristiana e del Partito Democratico: è stato cinque volte ministro ed è giudice della Corte Costituzionale per nomina parlamentare dal 2011. Il nome di Sergio Mattarella circola quando si parla di elezioni al Quirinale – era stato fatto anche nel 2013, dall’ex segretario del PD Pier Luigi Bersani – ma meno tra un’elezione e un’altra. Più che di lui si parla infatti del “Mattarellum”, l’appellativo inventato da Giovanni Sartori sul Corriere della Sera per la legge elettorale approvata dopo il referendum del 1993: si trattava di un sistema piuttosto complicato ma che, come caratteristica fondamentale, assegnava i seggi per tre quarti con il maggioritario e per un quarto con il proporzionale (aveva poi uno strano e sbilanciato meccanismo per la tutela dei partiti minori, il famoso “scorporo”). Il Mattarellum è stato la legge elettorale per le elezioni del 1994, del 1996 e del 2001, prima del cosiddetto “Porcellum“. Fu molto criticata all’epoca ma è stata poi “rivalutata” e oggi è spesso citata come l’ultima legge elettorale italiana che permetteva agli elettori di scegliere direttamente e con semplicità i loro rappresentanti.
Mattarella è nato a Palermo, ha 74 anni, è vedovo e ha tre figli (uno di loro, ha fatto politica in Sicilia ed è stato candidato alle primarie per la segreteria regionale nel 2009 appoggiato da Bersani; un altro, invece lavora da diversi anni al ministero della Funzione pubblica e ora è capo dell’ufficio legislativo di Marianna Madia). Sergio Mattarella è figlio di Bernardo, politico democristiano che tra gli anni Cinquanta e Sessanta è stato più volte ministro; ed è fratello minore di Piersanti, altro politico democristiano ucciso il 6 gennaio del 1980 dalla mafia mentre era presidente della Sicilia. Sergio Mattarella ha fatto parte della Gioventù Studentesca di Azione Cattolica e della Federazione Universitaria Cattolica Italiana, insegnando anche Diritto parlamentare all’Università di Palermo.
Alle elezioni politiche del 1983 venne eletto alla Camera dei Deputati con la DC: faceva parte della corrente dei morotei, quella di Aldo Moro e di Benigno Zaccagnini (quella più a sinistra, per capirci). Fu incaricato dall’allora segretario della DC, Ciriaco De Mita, di occuparsi in quegli anni del partito in Sicilia e appoggiò la candidatura di Leoluca Orlando a sindaco di Palermo. Rieletto alla Camera nel 1987, continuò a collaborare politicamente con De Mita e fu nominato ministro dei Rapporti con il Parlamento (governo Goria), confermato anche l’anno dopo nel governo De Mita. Fu poi ministro dell’Istruzione con Giulio Andreotti (nel suo sesto governo) ma si dimise nel 1990, insieme ad altri ministri della DC, contro l’approvazione della contestata legge Mammì sulla «disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato in italia». La legge si limitava a rendere legale la situazione esistente in quel momento in Italia, cioè il rischio di un monopolio da parte delle televisioni private della Fininvest contro le direttive comunitarie.
Mattarella disse: «Ci siamo dimessi. Riteniamo che porre la fiducia per violare una direttiva comunitaria sia in linea di principio inammissibile e inopportuna in questo semestre»
Questo sarebbe il motivo principale per cui, secondo i retroscena politici che si leggono in questi giorni, Silvio Berlusconi non gradirebbe Mattarella.
Dopo le dimissioni, Mattarella rimase senza incarichi di governo per due anni: venne rieletto alla Camera nel 1992 e nello stesso anno gli venne affidata (fino al 1994) la direzione del quotidiano della Democrazia Cristiana, Il Popolo. Nel 1993 fu relatore della legge di riforma del sistema elettorale. Superate le inchieste su Tangentopoli (venne accusato da un imprenditore siciliano di aver ricevuto 50 milioni e dei buoni benzina, ma venne assolto), Mattarella fu tra i protagonisti del rinnovamento della DC: nel 1994 fu tra i fondatori del Partito Popolare Italiano (con il quale venne eletto alla Camera nel 1994) ma se ne staccò quando Rocco Buttiglione, alla segreteria del partito, si avvicinò al leader di Forza Italia Silvio Berlusconi in vista delle elezioni del 1996. L’ipotesi che Forza Italia potesse entrare nel Partito Popolare Europeo venne definita da Mattarella «un incubo irrazionale».
Confermato deputato alla Camera nel 1996, con Massimo D’Alema a Palazzo Chigi divenne prima vicepresidente del Consiglio e poi ministro della Difesa, anche nel governo Amato (appoggiò l’intervento della NATO in Kosovo). Nel 1999 ci fu un altro scontro pubblico con Berlusconi, che in un articolo del Tempo aveva ricordato De Gasperi in occasione della commemorazione per il 45esimo anniversario della sua morte rivendicandone l’eredità. Mattarella disse: «De Gasperi appartiene a tutti coloro che hanno a cuore la democrazia. Questo non vuol dire che chiunque possa chiamarsi suo seguace o erede».
Nel 2001 Mattarella venne rieletto in Parlamento con la Margherita e poi riconfermato nel 2006 con l’Ulivo (fa anche parte del gruppo che ha scritto il manifesto fondativo del Partito Democratico). Nel 2008, dopo la caduta del governo Prodi, uscì dal Parlamento (quello stesso anno criticò la riforma della Gelmini sul ritorno del maestro unico alle elementari che lo stesso Mattarella, nel 1990, aveva sostituito con i cosiddetti moduli); dal 2011 è giudice della Corte costituzionale, eletto dal Parlamento. Considerato un moderato, non è intervenuto molto spesso nelle discussioni di attualità e nelle polemiche intorno alla politica. Ciriaco De Mita, disse di lui: «Forlani, in confronto a Mattarella, è un movimentista».
Marco Damilano, giornalista dell’Espresso, ha scritto un lungo post su Mattarella dicendo che «non sarebbe affatto il presidente debole che si dice. Ecco perché Berlusconi non lo vuole al Quirinale».
Sergio il Tenace, il Calmo, l’Anti-eroe, come lo descriveva Giampaolo Pansa in un lungo ritratto su “Repubblica” del 7 febbraio 1989, ventisei anni fa. All’epoca Mattarella era ministro dei Rapporti con il Parlamento del governo De Mita. Uno dei colonnelli della sinistra Dc, l’ultimo dei morotei, lo raccontavano i giornali. «Viso da ragazzo sotto i capelli bianchi. Pacato, tenace, senza ansie da potere né sbandamenti faziosi. In politica è tenacissimo e insistente, come la goccia che cade», scriveva Pansa. «Lui sorride, e nel sorriso si legge la risposta: talvolta la goccia è più efficace del torrente in piena. “I piccoli passi sono importanti almeno quanto i grandi movimenti che suscitano clamore…”».
Diceva tante cose Mattarella in quella lontana intervista: «I partiti sono sempre più asfittici e lontani dal loro retroterra sociale. I quadri selezionati spesso risultano mediocri. O riusciamo a rompere il sistema, inserendo nei partiti energie nuove, raccolte dalla società, oppure i partiti moriranno». E ancora: «In tutto l’Occidente è in corso un processo per cui i veri centri di decisione rischiano di trasferirsi fuori dalla politica. Esiste il pericolo che la politica diventi una sovrastruttura che galleggia su altri centri di potere né palesi né responsabili. Se la politica non riesce a essere un punto alto di mediazione nell’interesse generale, le istituzioni saltano e prevale chi ha più forza economica o più forza di pressione».
«Osservo il limpido fervore di Mattarella e mi vien da pensare: mio Dio, che illuso», concludeva Pansa. «Mi chiedo come reggerà fra i carriaggi, le truppe, le grandi armate, i compromessi di potere, i pateracchi, i cinismi, le piccole viltà. Poi, di colpo, mi ricordo di suo fratello Piersanti: si fece uccidere, a Palermo, per dar sostanza a tante giuste illusioni. E allora concludo: sì, meglio aspettare, meglio sperare».
31 gennaio 2015