Volentieri proponiamo la lettura di questo articolo di Peter Schneider uno dei più noti scrittori tedeschi sul “Re del Bayern” sedotto dal denaro e dall’evasione fiscale
Monaco – È un uomo venuto dal basso, da origini umili, come Gerhard Schroeder, e un uomo dilaniato dalle contraddizioni, lo Uli Hoeness sedotto dal denaro e dall’evasione di cui voglio narrarvi. E al tempo stesso, è anche lui parte di questa Germania dove, molto più che in Italia o in diversi altri paesi, la gente è unita da un certo senso della responsabilità verso la legge e l’interesse collettivo.
Adesso, davanti alla gente, Uli Hoeness è un uomo bifronte. È da tempo noto per la sua generosità: ha donato molto denaro in beneficenza, ha aiutato le squadre dei poveri, e se un calciatore entrava in crisi o si trovava in difficoltà, era sempre al suo fianco. E d’altra parte è stato l’uomo che a lungo ha giocato d’azzardo con speculazioni in Svizzera, con enormi somme non dichiarate, fino ad accumulare un debito enorme con il fisco.
Nessuno capisce cosa sia accaduto nel suo animo, nessuno comprende come un manager esperto come lui abbia potuto perdere il controllo di quei suoi affari. Dalle umili origini, alla carriera folgorante, alla caduta: è il dramma in cui lui, self-made man bavarese, si è cacciato da solo. Uli Hoeness, come Gerhard Schroeder e in parte Joschka Fischer, è stato un volto di quei sottoproletari saliti al vertice dell’establishment.
È una realtà particolare, diversa da altri paesi, e segna una generazione, oggi tra i 60 e i 70 anni, che – forse con la parziale eccezione di Joschka Fischer – si è trovata psicologicamente impreparata ad affrontare un enorme successo e potere personale. Più ancora del denaro, l’enorme potere che si sono trovati in mano ha sconvolto in loro criteri e ordini di misura.
Pensiamo a Schroeder, oggi obbediente servitore del padrone Putin. Nasce nell’animo un rapporto speciale col potere. Nel caso dell’ex cancelliere, affascina il mostruoso potere in mano a Putin. Nell’animo di Hoeness, il potere di giocare con quelle somme enormi lo ha spinto a un gioco folle. Ma la storia di Hoeness ha anche a che fare con la crisi finanziaria mondiale, e con le cifre gigantesche che oggi sembra normale pagare ai calciatori, o ai leader delle società calcistiche.
Dobbiamo chiederci, guardando al dramma di Hoeness, anche che cosa sia diventato il calcio. Basta pensare a quanto le squadre pagano per comprare i calciatori per capire che la società intera ha perso senso di misura.
Hoeness non era un cinico, quando nei talk-show attaccava il capitalismo neoliberale privo di scrupoli: era ed è una personalità sdoppiata, un po’ Dr. Jekyll e Mr. Hyde. Non mi stupirebbe se adesso, quando avrà molto tempo, lancerà – magari scrivendo un libro – un j’accuse contro il sistema del denaro che ha sedotto lui stesso, lui che provava sempre empatia per i poveri, gli sfortunati, e coesisteva con l’altro Hoeness che giocava d’azzardo con fondi neri in Svizzera.
Evadeva, ma conservava un cuore per i poveri. Io non sono mai stato un suo fan, perché ho sempre visto nella politica del Bayern, l’acquisto dei migliori calciatori d’ogni altra squadra a ogni prezzo, la metamorfosi del calcio da sport autentico a competizione capitalista. Eppure, qualcosa in Germania funziona in modo diverso, per cui per la sua scelta di accettare la condanna in nome della dignità e della responsabilità merita rispetto.
Quanto è diverso questo self-made man Uli Hoeness da un Berlusconi che si dichiara sempre innocente e insulta i giudici come una banda di comunisti. No: Hoeness si pone di fronte alle sue responsabilità, si piega a un sistema che accetta il potere della giustizia, in modo sconosciuto in Italia ma anche altrove.
Hoeness che chiede di andare in prigione è un cittadino della Germania dove molti ministri si sono dimessi “soltanto” perché accusati di aver copiato le tesi di dottorato. Quanti politici, secondo criteri del genere, dovrebbero sparire dai Parlamenti di altri paesi? È un esempio di accettazione del potere giudiziario, che in Italia e altrove sarebbe auspicabile. Da noi vige un consenso civico costitutivo: la maggioranza dei cittadini pensa che sia giusto pagare le tasse, anche perché lo Stato ti rende qualcosa.
È terribile quando viene meno la fiducia nello Stato e pensi che chi ti tassa ti deruba. E quando, come in Italia o in Francia, si cerca sempre d’incolpare gli altri, o lo Stato, invece di chiedersi, come invitò a fare Kennedy, cosa puoi fare tu per lo Stato e la collettività.
Il consenso civico ha piegato anche Hoeness. Ha preso lui l’iniziativa di lasciare ogni incarico nel Bayern, e di rinunciare a ricorrere in appello. È un uomo d’azione, e sono certo che quando avrà scontato la pena come ha chiesto, tornerà alla ribalta ai vertici del Bayern. I bavaresi lo hanno già perdonato, e pur condannando la frode vedono in lui ancora un eroe. Proprio la sua disfatta in tribunale, per il modo in cui l’ha accettata, potrebbe trasformarsi in prologo di una sua riscossa.
Fonte: La Repubblica traduzione di Andrea Tarquini
16 marzo 2014