Nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Mose, il nome dell’ex patriarca e ora arcivescovo di Milano Angelo Scola (che poteva essere papa) è stato fatto più volte. La Fondazione Marcianum all’avanguardia con l’aiuto della regione Veneto di Galan: i soldi per l’inquinamento usati per ristrutturare il seminario. Dopo la partenza di Scola per Milano s’interrompono i fondi
di Alessandro Da Rold
A Venezia, sotto un caldo torrido e un’inchiesta sul Mose che rischia di travolgere il sistema economico politico e sociale del Nord Est, c’è chi ricorda in questi giorni con un po’ di malinconia il vecchio patriarca Marco Cè. «Tutta un’altra spiritualità, quando arrivò Angelo Scola cambiò tutto» spiega un vecchio veneziano che ha vissuto in questi anni sulla laguna e che assiste attonito al crollo del sistema, dalla politica alla magistratura, dai controllori del Magistrato alle Acque ai giudici della Corte dei Conti. Non c’è da dargli torto. Perché l’arrivo nel 2002 dell’attuale arcivescovo di Milano, allievo di Don Giusanni, cardinale di Comunione e Liberazione, rivoluzionò la curia veneziana, un centro religioso diverso dal resto d’Italia, influenzato sin dagli anni ’60 dalla Democrazia Cristiana del Doge Carlo Bernini. C’è una regola non scritta in Canal Grande che tutti i veneziani però ricordano quasi a memoria e che amano ripetere nei bacari di fronte a uno spritz: il patriarca di Venezia o muore oppure va a fare il Papa in Vaticano. È successo a Pio X a cavallo tra l’800 e il ’900, la tradizione è continuata con Giuseppe Roncalli, Papa Giovanni XXIII, si è conclusa con Giovanni Paolo I, Albino Luciani. Scola invece ha rotto la consuetudine, persino con un piccolo giallo. Perché la Cei nel giorno della nomina di Papa Francesco fece uscire per errore un comunicato in cui si esprimevano « i sentimenti dell’intera Chiesa italiana nell’accogliere la notizia dell’elezione del cardinale Angelo Scola a Successore di Pietro».
segue su Linkiesta : I soldi della Cricca a Scola (che poteva essere Papa)
15 giugno 2014