Politiche di genere

L’Europa sta diventando sempre più anziana

Picco di crescita nel 2050 ma il futuro, trend demografici alla mano, sarà sempre più “grigio”. Quale futuro per il nostro paese? Secondo i dati, saremo in 66,3 milioni nel 2060, ma la fascia di popolazione compresa fra i 65 e i 79 anni aumenterà così come quella degli ottuagenari. Crescerà anche l‘aspettativa di vita: le donne guadagneranno altri cinque anni, rispetto alla media degli 85 attuali, i maschi sei, ma vivranno meno

Afghanistan. Firoza comandante di polizia e terror dei Talebani

Volentieri pubblichiamo questo articolo apparso sul Vice di Bilal Sarwary, giornalista e fotografo che offre un’ immagine diversa del suo Paese che merita di essere conosciuta.In questo reportage narra la storia di una commissaria di Polizia che viene affettuosamente chiamata Ajani, “colei che prevale” e ne spiega il perché. Sopra: Firoza, comandante di polizia nella provincia di Helmand, Afghanistan ritratta da Bilal Sarwary autore dell’articolo

Aborto, le parole per dirlo

Partiamo da quel punto di svolta per una panoramica sulle pubblicazioni – tutte femminili – in materia di aborto: tra pochi giorni, il 27 maggio, la legge che lo regolamenta, la 194, compirà infatti, tra molte fatiche di applicazione, 37 anni. Nel 2006, con La colpa delle donne (Ponte alle grazie), Ritanna Armeni fa un bilancio dell’applicazione della legge e un quadro di quelli che definisce “i nuovi crociati”.

Democrazia paritaria, nessun passo indietro

“Nessun passo indietro rispetto alle norme dell’Italicum che segnano una tappa significativa nel percorso della democrazia paritaria” si legge nella nota diffusa dalla rete di associazioni firmatarie delll’Accordo di azione comune per per una democrazia paritaria. Le liste composte al 50% da donne e uomini, che si alterneranno in base al genere, e la doppia preferenza di genere sono le proposte dell’accordo, che riunisce oltre 50 associazioni, gruppi e reti di donne sul comune obiettivo di garantire l’eguaglianza della presenza delle donne nelle istituzioni. Nella foto: la “donna cardinale” protagonista principale di uno spot provocatorio lanciato dall’associazione ” Pari o Dispare”

Aside

FotoCamilla (2)Sandro Noto che scrive per la rivista il Mulino ha intervistato Francesco Ceraudo che per 37 anni (è andato in pensione nel 2011) è stato direttore del centro clinico del carcere Don Bosco di Pisa,meglio noto come il medico più amato dai detenuti. Leggiamo cosa dice.

di Sandro Noto

«Metti che ti negassero cibo, acqua, sonno o la facoltà di andare al bagno. Ecco, in prigione lo Stato vieta il sesso». Francesco Ceraudo, fino al 2011 responsabile del centro clinico del carcere Don Bosco di Pisa, ha spinto a lungo per l’introduzione pure in Italia delle “celle dell’amore”, alloggi riservati a incontri periodici tra i detenuti e le loro partner. «Nel ’98 un’iniziativa di legge di cui ero promotore sfiorò il successo. A Pisa per gli uomini, e a Venezia per le donne, si sarebbero avviati i progetti pilota, ma in seguito crollò il governo Prodi e tutto si arenò. Il sesso non è di destra né di sinistra, però da allora, quello in carcere, è una guerra ideologica senza rimedio».

Dottore, il resto d’Europa è più avanti di noi?

Di recente ho visitato il penitenziario di Tirana. Mancano gli apparecchi base per l’assistenza medica ai reclusi, ma esistono le celle dell’amore. Non parliamo della Svezia, dove i prigionieri dispongono di mini appartamenti isolati provvisti di salotto e cucina. Al carcere di Granada hanno 57 strutture adibite per l’intimità con mogli, fidanzate e, per i single, persino prostitute di fiducia della direzione. Anche i gay lì possono vedere i propri partner.

Che accade invece in Italia alla sessualità dei detenuti?

Dapprima si abbandonano alla masturbazione compulsiva, inventando drammatici espedienti. A Pisa c’è chi fessura il materasso collocandovi dentro borse dell’acqua calda. Alcuni pongono una bistecca forata tra le intercapedini di un termosifone o su un buco a misura nel muro. Presto l’abuso di certe pratiche non susciterà nessun piacere al detenuto, e il graduale passaggio all’omosessualità sarà inevitabile. Nelle carceri penali quasi il 60% dei reclusi ha rapporti con altri maschi. Si inizia lanciando occhiate furtive ai compagni di cella mentre si spogliano, poi c’è il corteggiamento, il gesto affettuoso, la parola dolce. Il torrente della sessualità abbatte ogni diga. Se la diga regge subentra la pazzia.

In tal senso è un’alterazione benefica?

Non sempre. Frequenti sono i casi di stupro, o di giovani che si prostituiscono per una dose di eroina o un pacchetto di sigarette.

In ambito femminile si riscontrano le stesse problematiche?

Sì, ma in scala minore. Le donne in particolare tendono a creare relazioni di coppia stabili che rasserenano l’ambiente. Tuttavia ricordo di una trans a cui dovetti prescrivere un vibratore per scongiurare l’atrofia della vagina, impiantata chirurgicamente. Perché umiliare così la dignità delle persone, piuttosto che riconoscere il naturale diritto alla sessualità con le celle dell’amore?

Ottenuta la libertà, gli ex carcerati tornano a un’attività tradizionale?

Molti ammettono di raggiungere il piacere totale soltanto grazie a rapporti carnali a tre, con un uomo e una donna.

imageCeraudo mi porge Ferri battuti, un suo libro sulla sessualità in prigione scritto con Adriano Sofri. Lo sfoglio e trovo fotografie di celle e gabinetti del Don Bosco coperti di ritagli di giornali pornografici. Il dottore mi spiega che il carcere svolge un servizio di recapito della stampa su ordinazione. Aggiunge che persino ai familiari è concessa la consegna di simili riviste durante i colloqui, e che perciò le edicole vicine alla casa circondariale hanno il record di vendita in città di materiale hard.

Il giornalaio di via Don Bosco, a cui poi chiedo, sostiene però che è un mito da sfatare, che i detenuti leggono di gossip, motori e prediligono “Men’s Health”.

Non so chi dica il vero, ma resta l’ipocrisia di un sistema che impedisce il sesso, ma tollera le oscenità. Un perbenismo che è tutto in un avviso che noto di fronte all’edicola, all’ingresso dell’Ufficio Rilascio Colloqui. Ricorda ai parenti, forse muniti di una rivista pornografica destinata a un carcerato, che “l’accesso è consentito solo se vestiti in modo decoroso”.

Fonte: ilMulino

29 aprile 2015