Da quando, nel 2011, è stata inaugurata la Giornata per la parità, il divario salariale in Europa è passato dal 17,5% al 16,4%. «Ma il lieve miglioramento degli ultimi 4 anni – hanno subito precisato da Bruxelles – è in buona parte attribuibile alla crisi economica e ai suoi effetti su settori occupazionali tipicamente maschili più che a un aumento dei salari delle donne».
Nella Gran Bretagna di «We want sex» il divario è ancora al 19,1%, nella Germania della cancelliera Angela Merkel arriva addirittura al 22,4%, in Francia siamo al 14,8%. Negli Stati Uniti, nonostante gli annunci del presidente Barack Obama, un impiegato uomo guadagna in media 88.600 dollari all’anno, contro i 78.400 delle donne, il 13% in meno. Tanto che il Washington Post ha pubblicato un approfondimento sul tema titolando: «Le politiche sul divario retributivo restano intrappolate alla Casa Bianca».
Con sorpresa, secondo i dati pubblicati dalla Commissione europea, il divario salariale uomo donna è da noi fermo al 6,7%. Eppure c’è poco da festeggiare: basta infatti confrontarsi con qualsiasi esperto di gender economy per capire che su questi numeri qualcosa non torna. «Sono basati su medie che non tengono conto del basso tasso di occupazione femminile fermo da noi al 46% – spiega Roberta Zizza, economista della Banca d’Italia, che al g ender pay gap ha dedicato un lavoro nel 2013 -. Il campione delle donne che lavorano, per le quali quindi si osservano i salari, è selezionato positivamente: comprende in misura relativamente maggiore donne laureate ed esclude quelle che, sulla base delle loro caratteristiche, avrebbero prospettive di remunerazione più basse». Non solo: analizzando il dato che gli esperti definiscono «grezzo», si scopre che il divario retributivo in Italia, anziché diminuire, con il passare degli anni aumenta. Nelle tabelle Eurostat era al 4,9% nel 2008, poi salito nel 2009 (5,5%) e negli anni successivi fino ad arrivare al 6,7% del 2014.
Come abbiamo scritto più su, non va meglio fuori dall’Europa: «Le donne sono quasi la metà della forza lavoro – ha scritto l’Institute for women’s policy research di Washington – quattro volte su dieci sono capofamiglia, sono più istruite degli uomini eppure continuano a guadagnare meno». L’istituto di ricerca ha anche analizzato quanto sia diminuito il divario negli ultimi decenni giungendo alla conclusione che se «le cose continuassero ad andare allo stesso ritmo degli ultimi 50 anni, giungeremmo alla parità nel 2058».
13 settembre 2014