Gino Strada: “Ebola? Se mi ammalo resto in Sierra Leone”. Il fondatore di Emergency: “C’è bisogno di infermieri e medici”

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“Se mi becco l’Ebola resto qui, mi faccio curare qui”. Gino Strada è da qualche giorno in Sierra Leone per l’epidemia di Ebola. Il fondatore di Emergency, 66 anni, parla in un’intervista al Corriere della Sera: “E’ un lavoro massacrante”, quello che stanno facendo i medici di Emergency nel paese africano: “nelle tute protettive arrivi ai 55-60 gradi, dopo mezz’ora hai perso due chili. Qui – ammonisce – c’è bisogno di infermieri e anche di medici. Una quindicina di persone in Italia sono pronte a partire domattina”.

Ma non partono perché, “In Italia il governo può decidere di cambiare la Costituzione o di mandare armi a curdi ma non di emanare un decreto, un foglietto, un sms in cui si dice: gli operatori che lavorano in strutture pubbliche o convenzionate possono andare in Africa per l’emergenza Ebola senza che questo debba interferire su contributi, assicurazioni, pensioni e tutto il resto. L’abbiamo fatto per lo tsunami e i terremoti. Ebola no perché è l’epidemia dei poveracci? Se c’è un’emergenza internazionale come dice l’Oms chi deve rispondere se non il personale internazionale?”.

In progetto, in Sierra Leone, c’è un nuovo ospedale: “Un campo da 90-100 posti. Adesso ci serve personale per farlo funzionare: quindici nostri medici e infermieri sono bloccati dalla burocrazia. Chiediamo al ministro della Salute Lorenzin di dichiarare l’emergenza in modo che chi vuole possa partire”. Quanto alle misure di prevenzione, dice Strada, “ok i controlli agli aeroporti e tutto il resto. Ma non dimentichiamoci dell’esperienza Aids. Da un focolaio è diventata una pandemia perché per 4 anni i governi e i potenti vari hanno discusso su chi fosse lo scopritore del virus perchè in ballo c’erano i diritti su un eventuale vaccino. Dobbiamo agire: ognuno faccia la sua parte”.

15 ottobre 2014

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