Cina, il documentario choc sull’inquinamento parla anche di noi

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Under the Dome obbliga il mondo a guardare in faccia la realtà: un inferno in cui i bambini nascono malati e restano reclusi in casa. E il governo cinese non lo censura

Cosa, se non l’amore di una madre, poteva convincere l’opinione pubblica cinese a considerare l’enorme dramma dell’inquinamento dell’aria? Di più, la giornalista Chai Jing è riuscita in qualcosa che nessuna critica al regime era arrivata a fare prima: mettere il governo dalla propria parte. Più di un miracolo, un sogno per la democrazia del Paese, che si aggrappa a quei 100 milioni di persone che hanno visto il video dallo scorso 27 febbraio, quando è uscito. L’idea di auto-produrlo – con un investimento di 160mila dollari – è venuta a Chai Jing quando ha scoperto che la bambina di cui era incinta aveva un tumore benigno, con ogni probabilità causato dal particolato. Di lì le sue interviste fanno avanti e indietro tra scienza e vita comune, con altri bambini a spiegare di non sapere cosa sia il cielo terso, le nuvole e le stelle, e che chiedono perché vengono segregati in casa, perché sono – oggi, non domani – intrappolati Under the Dome.

Ciò che ha mosso questa donna ad agire ci fa pensare al nostro modo di affrontare i problemi: non li affrontiamo, fino a che non ci colpiscono direttamente. Non ci pensiamo, finché non succede che nostro figlio ha un tumore prima di nascere. Perl’ambientalista cinese Ma Jun, questo documentario sarà uno dei fondamentali momenti di presa di coscienza dell’opinione pubblica cinese di tutti i tempi, e infatti già sta facendo discutere in rete la questione come mai prima, nei social media e su Wechat. Del resto è la prima volta che l’argomento viene affrontato in modo così diretto, personale, e facile: cosa c’è nel particolato, si domanda la giornalista? Semplice! 14 diversi carcenogeni, che fanno 500mila morti ogni anno solo in Cina. Chai critica le mancate politiche governative, e critica le compagnie di petrolio. La reazione è stata inaspettata: il ministro dell’ambiente cinese, Chen Jining, ha elogiato il progetto, dicendo che riflette “la crescente consapevolezza della popolazione sulla questione ambientale e sui rischi per la salute pubblica”. E da noi?

Certo, l’inquinamento in Cina ha assunto proporzioni mostruose, e uno studio lo scorso anno ha definito Pechino quasi “invivibile per gli esseri umani”. Ma sappiamo che l’aria del nostro pianeta è una sola, che l’inquinamento cinese non resta intrappolato nelle sue città ma circola fino a noi, che già abbiamo i nostri grossi problemi. Prendiamo gli ultimi dati su Milano: abbiamo già esaurito i 35 giorni di sforamento dei livelli di Pm10 concessi dall’Europa.

È solo l’ennesima trasgressione per un atteggiamento che ha già portato a numerose procedure d’infrazione per l’Italia. La risposta? Il Comune nicchia ricordando quanto sia già stato fatto (gli interventi di mobilità pubblica, ok. Ma i risultati?) e la Regione, attraverso l’assessora all’Ambiente Claudia Terzi sa solo dire che il problema è nella configurazione geografica della Pianura Padana, e che l’ “Europa deve tenerne conto” e non multarci. Che è come dire che i bambini milanesi e gli anziani – cioè le categorie che finiscono in ospedale se l’inquinamento si alza troppo – devono darsi pace, la colpa è della configurazione!

Nessuna risposta invece rispetto al fatto che, come ricorda Legambiente, la Lombardia è la regione più motorizzata d’Italia, e l’Italia è il Paese più motorizzato d’Europa (Istat). Per il momento il documentario è sottotitolato in inglese solo per i primi 14 minuti. Ma saranno sufficienti: stasera, date un’occhiata, e vedrete bene cosa significa polveri sottili.

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