Il brutto video contro la violenza sulle donne

Volentieri pubblichiamo questo intervento di Vanessa Niri coordinatrice pedagogica all’ ARCI Genova e collaboratrice della rivista Andersen e di Wired.it

vniridi Vanessa Niri

In questo periodo di buoni sentimenti è stato molto condiviso su Facebook un video che si chiude con la frase: “Nel mondo dei bambini le donne non si picchiano”. Nel filmato, a cinque bambini (tutti maschi), viene presentata una ragazzina sconosciuta e li si invita prima a darle una carezza, poi a farle una boccaccia e, infine, a darle una sberla.

Ma tutti i bambini del video rifiutano di picchiare la ragazzina: è così, ci dice la voce fuori campo, che dovrebbe succedere anche nei rapporti tra adulti, perché le donne non si picchiano.

Trovo questo video, che nelle intenzioni vorrebbe contrastare il femminicidio, sbagliato e controproducente.

Il femminicidio è un crimine familiare: sono i mariti, i fidanzati e i padri, i principali assassini delle donne. Il femminicidio non è faccenda da serial killer, la nostra società non deve contrastare un diffuso odio nei confronti delle donne: si tratta invece di una nuova forma di paternalismo, in cui le femmine sono una proprietà che, proprio come un oggetto, viene utilizzata dai maschi.

Le 157 donne uccise in Italia nel 2013 – con un aumento del 14% di omicidi rispetto al 2012 – erano per la grande maggior parte persone che avevano provato a liberarsi dal giogo di un maschio che pensava di poter disporre di loro. Fidanzate o mogli punite per aver pensato ad un divorzio, o ad una separazione; figlie che avevano provato ad imboccare una strada non gradita al padre padrone; persone, in generale, i cui desideri avevano iniziato a collidere contro quelli del maschio dominante.

Ancora oggi,  troppo spesso, la donna non è la protagonista della vita familiare, o non condivide il protagonismo con il partner, ma è sostanzialmente il supporto alle scelte dell’uomo: è la madre dei suoi figli, è la domestica della sua casa, è l’orecchio che ascolta, la bocca che sorride e, ovviamente, è il corpo che soddisfa i desideri.
Il femminicidio cova all’interno di questo tipo di relazioni, in cui alcuni maschi non sopportano che, ad un certo punto, la compagna decida di rendersi protagonista nel rapporto con i figli, nella ricerca di un lavoro fuori casa, nella costruzione di nuove amicizie. Non sopportano, cioè, che l’orecchio inizi ad ascoltare con meno adorazione, che la bocca cominci anche a parlare e che il corpo invecchi, o si sottragga.

All’interno delle relazioni che portano al femminicidio, insomma, non ci troviamo già più all’interno di un rapporto uomo-donna, ma già in una dinamica di possesso, di padrone-schiavo, di prevaricazione e sottomissione.

Il video di tutto questo non parla, ma anzi si fa portavoce di alcuni di questi stereotipi.

I bambini (maschi) del video, infatti, sono gli unici protagonisti.
La ragazzina, con la bocca sapientemente corrucciata, non parla mai, e aspetta passivamente la decisione dei coetanei: la picchieranno o non la picchieranno? 
Saranno cattivi o clementi? Sappiamo qualcosa della bambina? Nulla, se non che è, appunto, femmina.

Ovviamente, i bambini, nel video, in definitiva si dimostrano clementi: “Perché non la picchiate?” chiede la voce fuori campo.
Perché è bella” – rispondono candidamente – “perché le donne non si picchiano”, “perché è femmina”. Qualcuno tenta un pensiero un po’ più profondo: “perché è un essere umano”, “perché non mi piace la violenza”.

Ma questo non scardina i ruoli assegnati dal video: i maschi decidono, la femmina spera, e subisce.

Se ho trovato già un po’ deprimente la parte relativa all’interviste dei bambini, ancora meno condivisibile mi sembra il messaggio complessivo del video: i maschi non picchiano la femmina – ci dice il filmato – perché sono bambini. E i bambini sanno che non si picchiano le donne.

Quindi, mi chiedo io, i bambini sanno già a otto anni, che i maschi e le femmine sono diversi? Che con un altro maschio ci si può picchiare – con il rischio che reagisca e ci picchi più forte – mentre la femmina è un soggetto passivo da venerare e da trattare con finta gentilezza?

Che le femmine non si picchiano proprio perché sono femmine? Non perché la violenza non risolve i problemi, ma perché i maschi possono decidere se e chi picchiare mentre le donne rifuggono la violenza per DNA?

Che tristezza, se fosse così.

Un mondo in cui a salvare le donne non fosse l’uguaglianza, ma la proclamazione della loro inferiorità (“le donne non si toccano neanche con un fiore”) mi sembrerebbe il terreno perfetto dove affondare le radici del femminicidio.

Per Natale 2015, allora, vorrei vedere un video diverso.

Sogno un filmato contro la violenza di genere in cui maree di bambine urlassero cosa vogliono fare da grandi, quali donne, quali madri, quali persone vogliono diventare. Che dicessero a gran voce che non sarà un maschio ad impedire loro di imboccare la strada che hanno scelto, che non sarà un uomo a farle sentireinferiori, che saranno felici, eventualmente, di avere un marito, ma che non accetteranno un proprietario.

Che non accetteranno le botte, e non penseranno neanche un secondo che la colpa sia loro, e che non confonderanno l’amore con il possesso.

Chiuderei il video ricordando a tutti che nel mondo dei bambini si litiga eccome. E ci si scontra, ci si ama e ci si odia, così come in quello degli adulti, ma lo si fa tra persone, tra uguali.
Fino a quando non diventano abbastanza grandi da aver assorbito le norme sociali che li circondano, per i bambini immersi in una sana litigata, non conta il sesso, non conta l’handicap, e non conta il colore della pelle. 
Questo, sarebbe un video che vorrei vedere.

Perchè se noi adulti abbiamo così bisogno di farci tradurre i concetti più difficili dai bambini, cerchiamo almeno di impegnarci a non suggerire il copione sbagliato.

Fonte: Wired

5 gennaio 2015

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