La rivoluzione delle pensioni secondo Boeri: «Equità e semplificazione»

Il monito a deputati e senatori: «Più trasparenza sui vitalizi»

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Tagli ai privilegi e lotta alla povertà. Il presidente dell’Inps Tito Boeri, in occasione della presentazione della relazione annuale dell’Istituto di previdenza, ha messo nero su bianco la sua road map per la gestione del malandato stato sociale italiano. Le regole vigenti, ha detto, «hanno scelto di privilegiare alcune categorie, rinunciando a prendere come punto di riferimento le persone più povere». E sulle pensioni ha presentato la sua proposta di riforma già «sottoposta all’attenzione dell’esecutivo» e formulata, ha detto, «non per esigenze di cassa, ma ricercando maggiore equità, tanto fra generazioni diverse che all’interno di ciascuna generazione».

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La proposta di riforma delle pensioni Cinque i punti sui quali si incardina la proposta di riforma previdenziale presentata da Tito Boeri. Al primo posto si prevede una rete di protezione sociale dai 55 anni in su. «In questa fascia d’età», ha detto Boeri, «è molto difficile trovare un impiego alternativo. Secondo i nostri calcoli lo trova solo uno su dieci. Non a caso durante la recessione in questo range la povertà è triplicata».

Secondo punto è l’unificazione dei trattamenti pensionistici. «Da giugno esiste un “giorno pensioni” il primo del mese per tutti che semplifica sia la pianificazione familiare, oltre a quella dell’Inps», ha spiegato Boeri. «L’Inps eroga 21 milioni di prestazioni pensionistiche a 15 milioni di pensionati. Ogni tre pensionati vengono messe in pagamento mediamente quattro pensioni. Bisogna unificare la pensione tra regimi diversi senza oneri aggiuntivi per il contribuente come invece è accaduto in passato penalizzando i lavoratori più mobili».

Terzo principio è l’armonizzazione dei tassi di rendimento. «Esistono forti asimmetrie che riflettono grosse differenze nei tassi di rendimento di alcune categorie e fasce d’età dei lavoratori», ha spiegato Boeri. L’Istituto, con l’operazione “Porte aperte”, sta svelando le asimmetrie di alcune categorie. «Senza dimenticare i vitalizi dei parlamentari», ha precisato il presidente dell’Inps, «ai quali dovremmo dare il loro vero nome: si tratta di pensioni vere e proprie sottratte alle riforme previdenziali degli ultimi 25 anni, sulle quali non si hanno informazioni da Camera e Senato sul tasso di rendimento». Boeri ha chiesto a deputati e senatori maggiore trasparenza. «È giusto chiedere un contrubito a chi ha pensioni elevate, ottenute in virtù di trattamenti più vantaggiosi di quelli dei pensionati di domani», ha aggiunto.

Al quarto punto la flessibilità in uscita dal lavoro, più volte annunciata da Matteo Renzi. «Una flessibilità in uscita», ha specificato Boeri, «che non grava sulle generazioni future e sul debito pensionistico per chi abbiamo voglia di dedicare meno tempo al lavoro. Il fatto di essere passati, seppur troppo gradualmente, a un sistema pensionistico di tipo contributivo, permette di rendere questa flessibilità sostenibile». La flessibilità in uscita permetterebbe di spalmare il montante accumulato nel corso della vita lavorativa in relazione all’età di uscita e alla speranza di vita residua. L’assegno sarà quindi più basso per chi lo incassa prima. Ma le proposte presentate in Parlamento, ha commentato Boeri, vanno «riesumando meccanismi propri delle pensioni di anzianità, che è storicamente lo schema più insostenibile della nostra previdenza pubblica».

Tito Boeri

Tito Boeri

Quinto e ultimo punto sono nuove opportunità di versamenti perché, ha detto Boeri, «non si va in pensione ma si prende la pensione». In uno scenario in cui il rapporto tra contribuenti e pensionati va abbassandosi, «anche i pensionati possono contribuire al finanziamento delle previdenza di chi si è del tutto ritirato dalla vita. Vogliamo offrire l’opportunità di versare e farsi versare contributi che saranno un supplemento alla pensione per chi già ne percepisce una». I datori di lavoro potranno versare contributi aggiuntivi per permettere ai loro dipendenti che si ritirano prima di raggiungere l’età della pensione di vecchiaia di incrementare la loro posizione iniziale. «Si potranno in questo modo gestire con più bassi costi sociali le ristrutturazioni di cui il nostro Paese ha bisogno».

«Perché impedire una certa flessibilità nel prendere la pensione, se questa flessibilità non incide sul debito pubblico, dunque non grava sulle generazioni future?», è la domanda di Boeri all’Europa. «Vogliamo allora lanciare una sfida ai governi del Patto di stabilità e crescita. Documentate, come da oggi farà l’Inps, che il vostro sistema pensionistico è sostenibile, come in Italia. Fateci vedere non solo le proiezioni della spesa pensionistica fra 20, 30 o 50 anni, ma anche l’intera distribuzione delle pensioni per importo in quelle date future. Lasostenibilità sociale di un sistema pensionistico conta non meno di quella finanziaria. Se condanniamo i lavoratori di oggi a pensioni da fame, si dovrà poi intervenire con altri trasferimenti per evitare ai giovani di cadere un domani in condizioni di povertà».

La crisi non è stata uguale per tutti  Come si legge nel rapporto dell’Inps, la crisi si è concentrata sul 10 per cento più povero della popolazione, che ha subito in media riduzioni superiori al 27 per cento del reddito. Il 10 per cento più ricco della popolazione ha subito in media un calo del reddito del 5 per cento. «L’eredità più pesante della crisi è in questa povertà diffusa», ha detto Boeri. «Oggi, ancor più che in passato, la povertà è il problema numero uno del nostro sistema di protezione sociale». Più delle disuguaglianze di reddito». Uno scenario che impone «un radicale miglioramento della capacità del nostro sistema di protezione sociale di raggiungere i cittadini più bisognosi di aiuto». Finora, al 10 per cento più povero sono destinati solo 7 euro su 100 spesi per prestazioni sociali non pensionistiche. «Il problema è principalmente legato a regole che hanno scelto di privilegiare altre categorie della popolazione, rinunciando a prendere come primo riferimento le persone più povere e quelle a maggior rischio di diventare più povere». Lo stato sociale «di tutti i Paesi dell’Unione Europea, ad eccezione del nostro Paese e (parzialmente) della Grecia, protegge queste persone, ha reti di protezione di base volte a impedire che finiscano in condizioni di indigenza. Sarebbe davvero tempo di porre rimedio a questo difetto strutturale del nostro sistema di protezione sociale».

L’Inps “salvadanaio di vetro” «L’Inps è come un salvadanaio. Vuole essere sempre più trasparente, come un salvadanaio di vetro», ha detto Boeri. Dopo l’insediamento del nuovo presidente è partita un’operazione di diffusione dei dati previdenziali di particolari categorie, oltre che il progetto della busta arancione per il calcolo della pensione futura. «Con l’operazione “la mia pensione” siamo riusciti a sestuplicare gli accessi alle posizioni individuali da parte di persone con meno di 40 anni», ha raccontato Boeri. «Crediamo che sia un risultato importante perché i giovani devono impadronirsi del loro futuro. Non si sentiranno certo più vecchi nel valutare, fin dai primi passi di una carriera lavorativa, quanto frutteranno i contributi versati. La pensione non deve essere vissuta come sinonimo di vecchiaia, ma solo di maggiore libertà di scelta verso la fine della propria carriera lavorativa».

Boeri ha annunciato anche il progetto di riorganizzazione dell’Inps. A partire dalla dirigenza. «L’organigramma non deve rispondere al disegno autoreferenziale di assorbire i dirigenti coinvolti nella fusione fra Inps, Inpdap e Enpals», ha detto. «Abbiamo bisogno di modalità gestionali e di controllo ben diverse da quelle oggi utilizzate per ministeri ed enti locali». Per quanto riguarda il rapporto con patronati, Caf e consulenti del lavoro, «vogliamo sviluppare rapporti di complementarità, ponendo fine a quella logica di sostituibilità fra Inps e centri esterni, spesso localizzati a pochi metri dalle nostre sedi, che in non pochi casi ha disorientato la nostra clientela, rinviata per la soluzione dei problemi al di fuori dell’Inps».

Fonte: Linkiesta

9 luglio 2015

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