Trasporto locale inefficiente e costoso: ecco cosa va fatto

107_0739

Per superare le criticità del trasporto pubblico locale è fondamentale riformare il Titolo V

di Salvatore Bonfante 

Il trasporto pubblico locale è un comparto rilevante non sono per la sua dimensione economica ma anche per il suo impatto sulla competitività del Paese. Un sistema di trasporto pubblico inadeguato grava sulle finanze pubbliche e, nel contempo, genera elevati livelli di congestione del traffico privato, con i costi ambientali, economici e sociali a questi connessi (si stima che in Italia la congestione costi tra il 2% e il 3% del Pil , rispetto a una media europea dell’1%). Purtroppo, il trasporto locale italiano presenta alcune criticità, come evidenzia un recente studio della Cassa Depositi e Prestiti che individua anche le aree di intervento per imprimere nuovo slancio al settore.

In primo luogo, le inefficienze di gestione causate, nei servizi su gomma, dalla congestione del traffico penalizzano la velocità dei mezzi e riducono l’attrattiva del servizio (nel 2012 solo il 18% della capacità di trasporto offerta è stata utilizzata in termini di passeggeri). La bassa velocità penalizza anche le prestazioni del personale in termini di chilometri per addetto (17060 Italia, 20592 Gran Bretagna, 17761 Germania, 20506 Francia (1)) e costo per addetto (€ 2,3 per chilometro in Italia contro gli 0,8 nel Regno Unito i 2,1 della Germania e l’1,6 della Francia).

Si deve tener conto inoltre che la frammentazione del settore (1120 imprese, di cui circa la metà con meno di 5 dipendenti) produce inefficienze causate dalla notevole percentuale di addetti alla manutenzione e all’amministrazione rispetto agli addetti alla condotta dei mezzi. Altro punto dolente è la crescente età media del parco veicoli che ha raggiunto nel 2012 i 12 anni per gli autobus (con estremi che vanno dai 4 anni per la Sardegna agli oltre 15 della Sicilia) rispetto a una media europea di 7; questo grava anche sulle spese in quanto i costi di manutenzione di un autobus nuovo sono di sei volte inferiori a quelli di uno di 15 anni. Per i servizi ferroviari non va meglio, l’età media delle carrozze passeggeri è di 30 anni.

Anche sul fronte ricavi, la situazione non è delle più rosee. Innanzitutto, va sottolineato che gli incassi dai documenti di viaggio coprono a malapena il 30% dei costi mentre la fonte maggiore di ricavo (oltre il 50%) proviene dalla compensazione economica dello Stato in conto esercizio. Tuttavia, tale voce di entrata è stata soggetta in questi anni a riduzioni disposte dalle norme di austerità. Come se non bastasse, il coacervo normativo del settore, la dipendenza di parte dei costi di produzione da fattori esterni all’impresa (la politica comunale in tema di mobilità), l’impossibilità di decidere la politica commerciale (i prezzi dei biglietti sono stabiliti a livello regionale) uniti all’incertezza (e alla scarsità) di risorse rendono problematica la gestione delle imprese di trasporto pubblico, che in molti casi si ritrovano costrette a ridurre i servizi.

Infine, il contesto normativo è un complesso intreccio tra regole generali e settoriali di livello nazionale e regionale; l’incertezza regolamentare è legata alle alterne vicende delle norme generali sui Servizi Pubblici Locali, riscritte più volte e ogni volta abrogate. Ciò ha rafforzato gli ostacoli burocratici frapposti dagli Enti competenti per l’affidamento e il controllo dei servizi, impedendo spesso l’implementazione di scelte che sarebbero utili per il cittadino. Ad esempio alcuni anni fa l’Azienda Trasporti di Monza, con l’intento di soddisfare le esigenze della clientela diretta a Milano, aveva predisposto un accordo diretto con le Ffs per consentire con uno specifico documento di viaggio l’utilizzo del servizio urbano in Monza e l’accesso a Milano tramite treno e utilizzo del Passante; l’iniziativa fu bocciata dalla Provincia di Milano in quanto non in linea con le norme del Sitam (sistema tariffario integrato) dell’epoca.

Per riorganizzare le imprese al fine di conseguire economie di gestione e di scala; per realizzare infrastrutture ferroviarie, in particolare metropolitane, e portare l’età media del parco mezzi a livelli europei sono necessari per € 9,35 miliardi annui distribuiti lungo un periodo di 10 anni. Alcune soluzioni per migliorare lo stato delle cose ci sono. Ad esempio, potrebbe essere esplorata la strada della fornitura di veicoli a costo chilometrico (una sorta di noleggio a lungo termine applicato a parchi di parecchie centinaia di unità).Sul fronte delle entrate si potrebbe valutare la possibile applicazione in Italia di strumenti già in uso in Paesi Europei come la “tassa di scopo urbana”, la “cattura di valore” per intervenire fiscalmente sull’incremento di valore immobiliare di zone nelle immediate vicinanze di stazioni, i “pedaggi urbani” per contribuire al miglioramento della qualità del servizio in città già con piano urbano della mobilità.

Oltre ai necessari interventi da parte delle amministrazioni per il miglioramento della qualità della mobilità urbana per rilanciare il trasporto pubblico locale sono necessari una serie di interventi a livello di Amministrazione Centrale, attuabili solo con la riforma del Titolo V; in primo luogo l’implementazione di un contesto normativo finalmente coeso e stabile, che comprenda anche una riforma organica della normativa di gestione del personale; oggi sono ancora in vigore (anche se in parte modificate) norme risalenti a quasi un secolo fa, come il Regio Decreto Legge 2328 del 1923 e il Regio Decreto 148 del 1931. La politica deve fare la sua parte assumendosi l’impegno di mettere in atto normative per attrarre capitali privati attraverso il partenariato con il pubblico, e provvedendo a reperire la relativa parte di capitale.

Fonte: Il Sole 24 ORE

18 febbraio 2014

Ti è piaciuto il contenuto? Condividi con i tuoi amici.