di Maria Novella De Luca
Lo hanno chiamato “sciopero delle donne” perché sia chiaro che questo 8 marzo non sarà, come ormai da troppi anni, una ricorrenza puramente celebrativa, fatta di mimose e cioccolatini, ma una giornata di vera lotta per la dignità delle donne. Dignità che vuol dire prima di tutto lavoro, parità salariale, contro la violenza e contro il sessismo. Uno “sciopero globale”, a cui hanno aderito 40 Paesi del mondo, (anche la Women’s March di Washington), in cui ogni donna singolarmente, ma anche ogni categoria professionale e sindacale deciderà in che modo esprimersi. C’è chi lo sciopero lo farà nel modo classico, cioè astenendosi dal lavoro (in Italia hanno già aderito le sigle Cgil della scuola e della funzione pubblica), c’è chi farà assemblee nei propri luoghi di lavoro, chi parteciperà a cortei, flash mob, chi farà conferenze, chi letture in piazza, ognuna a suo modo, in mille modi diversi. Uno sciopero che fu lanciato alcuni anni dalle donne di Rosario in Argentina, che sarà concreto e simbolico nello stesso tempo, “produttivo e riproduttivo” come dicono le organizzatrici, per dimostrare che se le donne si fermano, si ferma anche il mondo.
In Francia ad esempio le lavoratrici incroceranno le braccia per un minuto contro la disparità salariale. “Nel nostro paese – chiarisce Loredana Taddei della Cgil – l’indicazione data dal sindacato è quella di organizzare assemblee in tutti i luoghi di lavoro, e laddove sia possibile anche lo sciopero, per rimettere al centro con forza il tema del lavoro, e per restituire significato all’8 marzo”. In Italia lo sciopero è indetto da #nonunadimeno la grande rete femminista che ha organizzato la manifestazione del 24 novembre 2016, quando un milione di donne scesero in piazza a Roma in un immenso corteo contro il femminicidio. Ma la cosa più interessante è che allo sciopero delle donne parteciperanno anche i Centri Antiviolenza della rete “D.i.Re”, che ne rappresenta 77 sparsi su tutto il territorio nazionale. Sappiamo che oggi i Centri Antiviolenza rappresentano l’unico e solo approdo per le donne maltrattate, perseguitate e torturate dai maschi. E dunque il loro “sciopero” è ancor più significativo. Ma cosa significa per i Centri Antiviolenza fare sciopero?
“I Centri Antiviolenza – si legge nel comunicato della rete “D.i.Re” – non sono luoghi di lavoro, non sono servizi, ma sono spazi autonomi di elaborazione politica femminista attivi sul territorio, volti a costruire insieme alle donne percorsi di consapevolezza e libertà. I Centri Antiviolenza partecipano quindi allo sciopero mondiale dell’8 marzo, insieme alla rete #nonunadimeno con l’obiettivo di cambiare la cultura che genera la violenza maschile. Alcuni chiuderanno le loro sedi sospendendo le attività, proprio per significare che i Centri Antiviolenza non sono servizi assistenziali né, tantomeno, istituzionali. Altri apriranno le loro sedi a tutte coloro che vorranno partecipare a questi laboratori di politica femminista e sostenerli”.
Dunque tra una settimana il movimento globale delle donne tornerà in piazza per chiedere lavoro, uguaglianza e lotta alla violenza maschile.
Fonte: Repubblica