Coop combatte l’illegalità alimentare con un protocollo

In un convegno tenutosi a Milano, Coop ha parlato del progetto partito un anno fa che prevede la firma di un protocollo per la certificazione dei prodotti a marchio Coop da parte dei produttori. Presente anche il Ministro Martina che ha consacrato Milano capitale delle buone pratiche contro l’illegalità

Lavoro agricolo e legalità, il convegno svoltosi in Città Metropolitana a Milano ha posto l’accento sulle problematiche e le soluzioni per aumentare la sicurezza nel comparto e adottare le adeguate politiche del lavoro. Presieduto da Livia Pomodoro, presidente del Milan center for food and policy, i temi della legalità e del controllo delle filiere hanno trovato declinazioni e ipotesi di lavoro. A nome di Coop e del presidente Stefano Bassi, ha portato il contributo Enrico Migliavacca descrivendo la situazione del comparto in riferimento alle 30mila aziende associate.

Maura Latini di Coop ha sottolineato che il lavoro con il Milan center for food and policy rappresenta una «grande opportunità per raccontare ciò che stiamo facendo nella realtà con questo primo anno di lavoro sul campo. Questa collaborazione con il Milan center for food and policy è molto importante per realizzare progetti che portino alla legalità nel lavoro agricolo. Abbiamo chiesto a tutti i produttori a marchio Coop di attuare certificazioni precise. Dall’anno scorso abbiamo iniziato questa grande sfida per la legalità e l’etica, chiedendo loro di sottoscrivere un protocollo, mettendo sotto controllo le intere filiere agricole, dal pomodoro all’anguria, affidando a enti esterni, abbiamo contribuito a migliorare molto la qualità produttiva di molti associati, abbiamo anche espulso due fornitori che avevano comportamenti anomali. Il 40% dei fornitori Coop si è registrato per seguire le indicazioni che abbiamo dato».

Il progetto congiunto è stato illustrato da Marco Pedol capo progetto del Milan center for food and policy: «Si tratta di un progetto sulle best practices contro il lavoro nero, un fenomeno diffuso in Europa, in particolare Portogallo, Bulgaria e Romania, molto minore in Germania Austria e Olanda. In Italia le statistiche segnano una percentuale di lavoro nero intorno al 31,7%. Gli obiettivi del nostro progetto sono ambiziosi, mettere in rilievo problematiche e fornire soluzioni. Individuare motivi e ricadute del fenomeno sul territorio. Evidenziare azioni di moral suasions».

«Oggetto di analisi le politiche regionali, nazionali ed europee con una comparazione internazionale – prosegue – il consumatore richiede chiarezza e trasparenza e può contribuire valutando la qualità di un prodotto da un punto di vista etico e sociale. In un mondo connesso i valori possono essere meglio condivisi e consentire un supporto al cambiamento positivo. Quando le aziende mettono in campo politiche etiche, traggono giovamento anche sul mercato e rappresentano un esempio da seguire e che viene seguito da altri. La sicurezza del lavoro sui campi è un altro tema da affrontare. Come riconoscere un prodotto pulito dallo sfruttamento del lavoro nero? Tracciabilità chiara e puntuale, dichiarazioni volontarie nel campo della sostenibilità ambientale per indicare il percorso dal campo alla forchetta».

«Serve una mappatura europea delle buone pratiche – conclude – evidenziate le quali saranno fornite raccomandazioni che verranno diffuse con i piani di comunicazione e informazione. Prossimi appuntamenti ad aprile a Bruxelles a giugno con una presentazione e a ottobre alla Fao. Infine conclusione del progetto con presentazione al Parlamento nel giugno 2018».

Livia Pomodoro, presidente del Milan center for food and policy ha commentato: «La nostra attività è partita da lontano, dall’esperienza straordinaria di Expo 2015, e la speranza per il futuro è fare di Milano la capitale mondiale dell’alimentazione, ma soprattutto il luogo nel quale in Italia si riscopra l’esistenza e l’importanza dei diritti fondamentali. In questi giorni è di moda parlare di innovazione tecnologica per il benessere dell’umanità ma si dimentica che le scienze umane sono quelle che consentono di dare senso e spessore alla nostra attenzione all’umanità. Non solo, esiste un problema di diritto al cibo che deve esse assicurato a tutti gli esseri umani, ma una regolamentazione del benessere per tutti, senza discriminazioni di alcun tipo. La Coop è stata particolarmente sensibile nell’assumere questo ruolo, di garantire cibo adeguato a giusto. Buono e giusto».

«Non esiste possibilità di crescita reale se non esiste una buona regolazione condivisa – ha spiegato – se non c’è questo saranno i prepotenti ad eccellere e si costruiranno sistemi ad uso del profitto o dell’interesse personale senza risolvere problemi più ampi che coinvolgono tutta l’umanità. Una capacità minima di vivere una vita che vale la pena di essere vissuta. Un livello acquisito di qualità della vita. Serve la capacità che ciò che facciamo nella vita quotidiana abbia un sottofondo valoriale, dobbiamo essere consapevoli che viviamo in una società e in un mondo dove dobbiamo assicurare un cibo buono e giusto. Non è con le sanzioni penali che si combatte lo spreco del cibo, ma con sistemi diversi. Il nostro è sensibilizzare l’opinione e pubblica con progetti di ricerca come quello illustrato, per rendere tutti consapevoli che si può fare profitto senza illegalità. La mia idea di cui sento ormai parlare troppo poco è arrivare a fare dell’Italia e di Milano un punto di riferimento di una forte riscossa dei diritti umani e diritti al cibo per arrivare ad una grande convenzione multilaterale per coinvolgere i più alto numero di Paesi ad applicare questi valori».

Conclusioni affidate al Ministro Maurizio Martina che ha ringraziato tutti per il lavoro che si sta facendo insieme e da tempo. «Credo sia fondamentale aumentare di molto la consapevolezza che la battaglia per la legalità nel settore agricolo riguarda tutti e da vicino. L’aumento di attenzione del cittadino consumatore ai principi di legalità e trasparenza trova oggi un’occasione fondamentale. Coop ha capito perfettamente questo nodo e lo ha iscritto in radice nella propria identità. Ma questo è un libro per certi versi ancora da scrivere. Ci sono filiere legate ad alcune produzioni dove le speculazioni sul prezzo sono rischiose e i rapporti di forze interne ancora squilibrati. Non abbiamo concluso questo lavoro e in alcuni territori il cambio di passo ancora deve arrivare. Credo che la legge voluta nel 2015 e approvata nel 2016 contro il caporalato sia un passo essenziale e a capo c’era il ministero delle Politiche agricole».

«Non era scontato – ha osservato – quando siamo arrivati pareva che il mondo agricolo subisse la situazione senza determinarla, oggi non è più così. Abbiamo chiesto ai protagonisti del mondo agricolo di voler segnare questo cambio di passo e le novità introdotte nella legge stanno generando riorganizzazioni e assestamenti non semplici. Poter contrastare il reato di caporalato ben oltre la violenza introducendo la confisca e agendo sulla responsabilità del datore di lavoro, hanno alzato molto il livello di responsabilità di chi organizza e utilizza mano d’opera illegale. Abbiamo introdotto gli indennizzi alle vittime. Le aziende che lavorano nella legalità devono avere una leva che consenta di essere riconoscibili agli occhi del consumatore».

«Poter lavorare sui piani di accoglienza dei lavoratori stagionali – ha evidenziato – ha generato più del 60% di controlli in più sul territorio tra il 2015 e 2016. Nel giro di dodici mesi il controllo effettuato insieme al ministero del Lavoro ha dato un segnale molto forte di presidio dello Stato. Si stanno producendo cambi strutturali positivi. Tra il 2015 e 2016 il numero di ore di lavoro in agricoltura denunciate è salito del 5% in territori complessi questo è un risultato davvero positivo. Non è una questione solo del sud, abbiamo casi anche in Toscana, Piemonte, Veneto, Lombardia, il presidio va tenuto molto alto anche qui e dare questi messaggio da Milano è giusto».

«Infine – ha concluso – il tema non è solo mediterraneo, riguarda anche il nord ed est Europa, ha a che fare con il destino europeo e con le dinamiche da gestire in campo agricolo. Tutta l’Europa deve alzare i livello di sicurezza del lavoro agricolo, molto utile il lavoro del Milan center for food and policy, e concordo con Livia Pomodoro sul portare Milano ad essere sede ed esempio di queste buone politiche, anche per la presenza del perimetro agricolo peri urbano più vasto d’Europa. Qui vengono praticate sperimentazioni che vengono prima delle leggi, c’è del buono che viene avanti e di questo ringrazio Arianna Censi vice sindaco metropolitano per il grande e proficuo lavoro con il quale si sperimenta e si forniscono risultati. Dall’agricoltrua sociale, al rapporto con le scuole e tutto il fronte della cura e della salute. Tutto questo deve portare a vivere L’esperienza della città metropolitana milanese in maniera utile e avanzata. Milano può essere a tutti gli effetti capitale delle buone pratiche e sperimentazioni ben oltre i nostri confini».

Fonte: Italia a Tavola

 

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